Il Nobel alla fatica 

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Scoprii Annie Ernaux nel 2017, in occasione di “Più Libri, Più Liberi, la fiera Nazionale della Piccola e Media Editoria. Allo stand de LOrma editore acquistai Gli anni, attirato dalla fascetta bordeaux che segnalava la vittoria del Premio Strega Europeo 2016. La sera stessa ne lessi le prime pagine. Non riuscivo a capire di fronte a cosa mi trovassi. Ricordi di fotografie innescavano i soprassalti della memoria, intervallati sulla carta da ampi spazi bianchi. Confuso, richiusi il libro e lo posai sul comodino. Lo lessi integralmente soltanto nel 2020, poco dopo essermi laureato in Lettere Moderne. Col pensiero ormai cresciuto, ispessito e maturato, intuii di avere tra le mani l’opera di un’autrice fondamentale. 

Il 6 ottobre non sono rimasto troppo stupito. Il Premio Nobel per la Letteratura dato ad Annie Ernaux è un riconoscimento meritato, un’espressione di giustizia, una ricompensa alla fatica.

L’errore comune nel quale si può ingenuamente scivolare leggendo Ernaux è pensare che la sua scrittura sia facile. Non lo è affatto. La semplicità con la quale il suo stile si presenta è il risultato di una produzione continua e faticosa. Ernaux ha lavorato e lavora per piallare la lingua, per renderla limata e affilata, tagliente e piatta – dice lei stessa a proposito della sua scrittura – come la lama di un coltello. L’uso esatto, sapientemente calibrato del linguaggio, per cui ogni parola ha il proprio precipuo posto, mette in ombra la supremazia di una singola opera sulle altre. Ogni libro di Annie Ernaux è il pezzo di un puzzle che ritrae un’esistenza nella quale possono specchiarsi tutte le vite. Il personale si stende, si allunga, viene elaborato per divenire universale. Un’operazione che comporta un impegno duplice: quello inerente alla lingua e quello che concerne la trasformazione della pluralità dei ricordi personali in testimonianza e memoria collettiva. Con e nella scrittura, Annie Ernaux affronta anche sé stessa, dimostrando come la lotta nella società sia indivisibile dal conflitto interiore compiuto contro le pulsioni idiosincratiche che impediscono l’ascolto dell’altrə.

In tutta la sua opera, la Premio Nobel corregge costantemente la rotta della propria esistenza, impegnandosi a mantenere il proprio pegno etico ben visibile all’orizzonte. La continua tensione verso il raggiungimento di una verità umana – mai ideale né monolitica, ma pragmatica, plurale, fattuale, dipendente dalla realtà del quotidiano – la costringe a mantenere continuamente aperto il cantiere di una ricerca destinata a non esaurirsi mai. Inevitabile, quindi, che la scrittura si carichi di un peso politico che si esprime compiutamente nella lotta di classe. La ridignificazione e la difesa degli strati sociali subalterni dai quali Annie Ernaux proviene sono la missione della sua scrittura, vergata con coraggio e con quell’acutezza clinica che lascia intuire la profondità di uno sguardo capace di mirare all’essenzialità della bellezza umana.