Dovremmo essere tutti femministi: Intervista ad Anna Pramstrahler

Scritto da

Ci troviamo a Bologna, in via del Piombo 5, nell’ex convento di Santa Cristina, edificato nel 1602. Non si direbbe ma, già ai tempi, questo posto ospitava donne con uno spirito ribelle, che cercavano di trovare una via d’uscita, anche solo metaforica, alla loro situazione. La storia ci narra, infatti, che le suore di clausura che lo abitavano si riunivano per cantare e comporre musica. La struttura del convento faceva in modo che le loro voci si propagassero fino alla strada, sorpassando quelle grate che le tenevano lontane dal mondo esterno. Il loro canto fu causa di scandalo, in quanto, essendo suore di clausura, la musica non doveva far parte delle loro giornate, soprattutto se oltrepassava i muri dentro ai quali erano rinchiuse. Questo ce lo racconta Anna Pramstrahler, direttrice della Biblioteca delle Donne di Bologna, che ha sede proprio qui, nell’ex convento di Santa Cristina.

Secoli dopo, questo posto è ancora abitato e vissuto da donne che hanno creato un loro spazio concreto nella città e nel suo tessuto sociale. Oltre ad essere responsabile della Biblioteca, Anna Pramstrahler è una femminista, attiva nel territorio bolognese – e non solo – da molti anni. Per questo, noi de Lapaginabianca.docx abbiamo colto l’occasione per parlare con lei di questa realtà e della sua esperienza da attivista.

Lei ha devoluto gran parte della sua vita alla lotta femminista: può raccontarci il suo percorso e dirci cosa l’ha spinta a sposare questa causa?

Io dico sempre che sono nata femminista. Già all’età di 16 anni pensavo che l’unica lotta che valeva la pena fare era quella riguardante i diritti delle donne. A quei tempi vivevo a Bolzano e lì ho conosciuto le prime associazioni di donne femministe. Mi sono poi trasferita a Bologna a 19 anni per studiare all’università e, con il tempo, ho iniziato a partecipare attivamente a vari gruppi femministi di Bologna. 

Da sempre mi interessa un femminismo che possa fare azioni concrete; non solo disquisizioni teoriche, ma attività pratiche a vantaggio di tutte le donne, perché si costruiscano una vita dignitosa e libera. Nell’86 sono stata per sei mesi a Berlino, dove ho collaborato con la Casa delle Donne, che accoglieva donne vittime di violenza già da dieci anni. 

Tornando a Bologna, ha preso il via anche qui il progetto di aprire una Casa delle Donne: è nata nell’89 e ci ho lavorato per i primi dieci anni. Ho sempre continuato a fare attività politica, anche quando nel 2000 ho cambiato lavoro e sono diventata bibliotecaria all’università. Tre anni fa poi, era vacante il posto da responsabile della Biblioteca italiana delle Donne e quindi mi sono candidata, perché questo luogo potesse coniugare la mia professione più tecnica di bibliotecaria con quella più politica da femminista: questo luogo era la sintesi.

Basandosi sulla sua esperienza, quali passi avanti sono stati fatti, secondo lei, grazie al femminismo e quanti altri passi bisogna fare per raggiungere la parità di genere?

Dei passi avanti, in termini di libertà e diritti per le donne, sono stati fatti sicuramente, se si prende in considerazione l’Italia e l'Europa in generale negli ultimi 50 anni. Se parliamo però di paesi come l’Iran o l’Afghanistan, lì le donne vivono ancora in uno stato di oppressione patriarcale assoluta, per questo non possiamo dire che si è raggiunta una parità di genere. Attenzione poi, a me l’espressione “parità di genere” non piace, perché mi rivedo in un femminismo che parla più della libertà delle donne, non tanto della parità, che è molto riduttiva. Non è la parità formale che mi interessa, mi interessa invece che una donna possa avere la libertà di fare quello che vuole, non tanto di essere uguale ai maschi. Ad esempio, voi studentesse siete sempre più brave, avete i voti migliori, studiate tante materie STEM, poi però appena entrate nel mondo del lavoro siete discriminate. Non vorrei che le donne diventassero come gli uomini, ma vorrei che si creassero una propria identità, che possano essere libere di fare un lavoro o condurre una vita privata che coincida con le loro aspettative, non con le aspettative della società. Sicuramente su temi come la violenza, l’aborto, il lavoro, l’accudimento dei figli e il lavoro di cura in generale, c’è ancora tanto da fare da noi in Italia, alcuni dicono che per cambiare le cose e risolvere il cosiddetto gender gap ci vorranno altri 136 anni. Ma anche altri paesi come il Canada, che conosco bene, dove sono molto più evoluti sotto certi punti di vista, c’è ancora violenza e discriminazione nei confronti delle donne.

Tornando a parlare della Biblioteca delle Donne: come è nata questa realtà e come si è evoluta fino ad oggi?

La Biblioteca delle Donne è nata grazie all’Associazione Orlando, un’associazione di donne femministe di Bologna formatasi nel 1982. All’epoca era una delle tante realtà femministe a Bologna, ma era l’unica ad avere un progetto organizzativo complesso che permettesse di dare vita ad una realtà stabile nel tempo, grazie alla convenzione con il Comune di Bologna che esiste da allora. Il finanziamento e il personale, infatti, sono compiti del Comune di Bologna, così come la sede. I contenuti, invece, sono interamente gestiti dell’Associazione Orlando, che ha un’impostazione femminista e decide quali messaggi portare avanti e quale spazio culturale occupare in città, anche all’interno del contesto più ampio del Centro Documentazione delle Donne.

La città di Bologna è sicuramente stata molto sensibile per la nostra causa. Non si può dire che sia un comune propriamente femminista, ma già 40 anni fa, quando appunto è nato il Centro delle donne, c’è stato un patto tra le donne delle istituzioni e le donne dell’associazionismo femminista, che ha garantito il fiorire di realtà come la nostra permettendo una stabilità economica fondamentale. 

Grazie a questo patto, la biblioteca è diventata la più importante in Italia per il patrimonio femminista. Si tratta di una biblioteca multidisciplinare, in quanto il patrimonio copre tutte le discipline: arte, scienze, religione, politica, letteratura, tutto sulle donne o scritto da donne; qui, infatti, non acquistiamo nulla di autori uomini per una scelta molto specifica, ovvero quella di valorizzare il pensiero e la cultura delle donne. Non compriamo solo best-seller o autrici celebri, ma anche scrittrici minori. Abbiamo anche una collezione storica molto importante, che riguarda sempre la letteratura femminile dell’Ottocento e del Novecento, e le prime opere emancipatorie delle donne. Il nostro catalogo conta 40.000 volumi e 700 titoli di riviste, tra cui molti documenti rari richiesti da ricercatrici e ricercatori italiani e non solo. 

Che tipo di attività si svolgono nel contesto della Biblioteca delle Donne e quali sono i prossimi eventi in programma?

La Biblioteca delle Donne, insieme all’Associazione Orlando, ha in programma oltre 200 eventi l’anno di diverso tipo, indirizzati ad un pubblico molto variegato. Si va da incontri più classici, come presentazioni di libri — sia di letteratura, che di saggistica — o del gruppo di lettura, che si riunisce mensilmente; a vari seminari e laboratori, in cui le partecipanti si possono mettere in gioco in prima persona, attraverso attività e dibattiti. 

Quest’anno, ad esempio, abbiamo riscosso molto successo con Femmy Hour: un ciclo di cinque incontri di approfondimento su alcune teoriche del femminismo, in cui si leggono passaggi salienti dei loro scritti e si discutono in gruppi. Ci sono già stati i primi appuntamenti, che hanno coinvolto più di novanta partecipanti, dedicati rispettivamente a bell hooks, Carla Lonzi e Audre Lorde, e, nei mesi successivi, si terranno i prossimi con protagoniste Silvia Federici e Judith Butler. 

Attraverso il nostro operato, cerchiamo di perseguire l’obiettivo di coinvolgere tanti tipi di donne, anche molto diverse, per riflettere insieme su tematiche che, alla fine, riguardano tutte e tutti.

Ha un messaggio da lanciare a chi magari è ancora indifferente riguardo alla lotta femminista o a chi non la ritiene rilevante?

Pensando alla società in cui viviamo, mi viene in mente il piccolo libro di Chimamanda Ngozi Adichie Dovremmo essere tutti femministi, in cui l’uso dell’aggettivo al maschile nel titolo non è casuale. Quando si inizia ad analizzare in modo critico la struttura della nostra società, a meno che non si voglia essere miopi, è impossibile non notare i privilegi che gli uomini vivono quotidianamente e, una volta compreso questo aspetto, è impossibile, a parer mio, non essere femministi. 

Spesso gli uomini non si accorgono della situazione perché sono stati abituati a ragionare in un certo modo, ricoprendo da sempre posizioni di potere rispetto alle donne. Un maschio, magari bianco e ricco, cresce nei suoi privilegi e non si accorge della sua posizione, basata sui principi del patriarcato. Per una donna è immediato: tutte noi viviamo quotidianamente episodi di violenze, molestie o discriminazioni più o meno evidenti o pesanti, quindi, non abbiamo difficoltà a riconoscere le dinamiche di potete insite nella struttura della società.

La tappa fondamentale deve essere la presa di coscienza di tutto questo: è necessario leggere, documentarsi, analizzare lucidamente la struttura della società in cui viviamo, per realizzare che è inevitabile essere femministi!

Per gli uomini poi è più difficile, perché nel loro percorso verso il femminismo è necessario dover rinunciare a certi privilegi. Oggigiorno, però, notiamo che esiste una generazione di maschi cresciuti in un modo un po’ più critico e qualcosa sicuramente è cambiato: esistono associazioni come Maschile Plurale, che si occupano proprio di decostruire questo modello maschilista. Si tratta di una strada che le associazioni femministe stanno percorrendo già da tempo, ottenendo a poco a poco lo sgretolamento del modello di moglie, madre e donna sottomessa. Dal canto loro, gli uomini dovrebbero fare altrettanto: liberarsi dalle etichette del modello finora perpetuato e agire attivamente per crearne uno che possa garantire libertà alle donne e forse anche a loro.

La presa di coscienza e la volontà di cambiare una serie di comportamenti prettamente maschilisti, dunque, sono la vera sfida che oggi è necessario lanciare anche agli uomini. Allo stesso tempo, è dovere di tutte le donne sostenersi, creare una rete di supporto e affiancare in modo deciso chi di noi subisce discriminazioni multiple, perché la lotta globale non è ancora finita.

A cura di Aurora Cino e Giulia Savegnago