Tra Terra e Cielo, tra guerra e covid: intervista alle autrici e agli autori atipici di Hopi edizioni 

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Di bambine e bambini si parla tanto, soprattutto alla Fiere: a Più Libri Più Liberi 2022 il programma dello Spazio Ragazzi è stato fitto come non mai, diviso tra laboratori per i più piccoli e presentazioni di libri per l’infanzia, albi illustrati, fumetti e graphic novel. Non è un caso: nonostante il calo demografico, il settore di editoria per bambini e ragazzi si è mantenuto, nel 2022, sopra il 15% del totale sul valore delle vendite, e oltre il 20% come numero di copie. È perciò naturale e giusto che si cavalchi l’onda di un successo che, oltre ad essere merito delle scelte di case editrici consapevoli e attente – si pensi a Settenove, a Orecchio Acerbo, a Topipittori, o a Hopi edizioni – trova la sua ragione principale nell’estrema fertilità d’animo dei più piccoli. 

Quella dei bambini è una fertilità, una prontezza e vivacità ricettiva, che può fungere da perfetto bacino di ricezione per operazioni editoriali virtuose, ma che può anche, in alcuni – rarissimi – casi, contribuire a far diventare proprio loro, i bambini e le bambine, gli operatori stessi di scelte e opere nuove. È questo il caso dei bambini e delle bambine della classe VB della scuola primaria di Tor Pignattara Carlo Pisacane, i quali, grazie all’iniziativa della maestra Felicita Rubino e al sostegno della casa editrice romana Hopi edizioni, sono diventati autori e autrici di una fanzine, una “rivista per appassionati”: TerraCielo - Riflessioni elementari su covid e guerraTerraCielo è una fanzine leggera, estremamente accessibile e curata, a rilegatura doppia e ospitante al suo interno i testi e i disegni che gli alunni della VB, durante gli ultimi due anni, hanno pensato e composto per esternare le emozioni suscitate in loro prima dal covid, poi dalla guerra in Ucraina. Grazie al lavoro di curatela della maestra Felicita, e grazie alla magnifica progettazione grafica delle editrici Valentina Fasola e Silvia Dini Modigliani, quello che è andato alle stampe è un prodotto prezioso, presentato dai suoi piccoli autori e autrici, prima alla Biblioteca Goffredo Mameli del Pigneto, poi durante tutti e cinque i giorni in cui si è svolta la fiera Più Libri Più Liberi. È proprio a questa fiera, davanti allo stand della Regione Lazio di cui era ospite – grazie alla vittoria di un bando pubblico – la piccola casa editrice Hopi, che ho avuto modo, o meglio l’onore, di intervistare cinque tra gli alunni e le alunne della classe VB. Ognuno di loro mi ha parlato di TerraCielo, del processo che ha portato alla sua pubblicazione, dei sentimenti suscitati in loro dal parlare di covid e di guerra, nonché dei metodi di didattica alternativa a cui le maestre li hanno abituati duranti questi ultimi anni di scuola. 

Ognuno dei piccoli autori e autrici ha avuto modo di esprimere, nella fanzine come in questa intervista, il suo punto di vista, la sua emozione specifica e particolare: se Artù, durante il periodo più crudo delle restrizioni da covid, si è sentito «triste, perché non potevamo vederci né abbracciarci», Melissa ha «provato tristezza, però era anche divertente stare in DAD con gli amici, fare ricreazione a distanza, ridere e farci gli scherzi». Nina Luce, invece, si è sentita «vuota, senza uno scopo», perché «erano tutti giorni uguali, era una vita senza una cosa… dolce»; Tuhin ha detto che «il tempo era triste», Zeno l’ha ribadito ma comunque non era tristissimo, perché poteva andare «a sfogarsi con la bicicletta e giocare un po’ in un viale vicino casa mia». E i disegni e i testi della fanzine riflettono questa varietà di sentimenti, nonché la varietà di soluzioni che ogni bambino ha pensato per uscire dalla tristezza: c’è chi ha disegnato una lezione all’aperto, chi ha disegnato se stesso con uno scudo, chi ha disegnato un abbraccio tra padre e figlio, chi un cerchio fatto di tanti bambini insieme. 

Davanti alla guerra, invece, i bambini e le bambine hanno provato paura e sofferenza: paura per la possibilità che la guerra arrivasse anche da loro e togliesse loro le persone care, sofferenza di fronte alle immagini e alle notizie di quelli che la guerra la stavano – e la stanno – vivendo sulla loro pelle. Quel che è trasparito forte dalle interviste è il sentimento di un’ansia diffusa, di un’angoscia innegabile di fronte a un fatto terribile capace di «cambiare la vita in peggio: ho già tante paure, se ci fosse stata la guerra mi avrebbe traumatizzata, mi avrebbe lasciata più vuota di quando c’era il covid; mi avrebbe lasciata senza niente». Ma è trasparita anche la consapevolezza che conoscere e parlare rende più forti: «parlare è meglio, perché è come se avessi davanti un muro e lo dovessi oltrepassare: quando lo oltrepassi sei aggiornato e sai come affrontare le paure». E anche qui, i disegni e i testi riflettono le differenze di percezioni e approccio, nonché le varie risposte di fronte a un evento spaventoso come la guerra: c’è chi ha disegnato il bottone della distruzione svitato, a simboleggiare la disattivazione di tutte le guerre; c’è chi ha disegnato se stesso nell’atto di nascondersi sotto il letto, impaurito; c’è chi ha disegnato un razzo con cui scappare dalla guerra e andare su Marte. 

Perché, quindi, parlare di covid e guerra con i bambini, perché far parlar loro di covid e guerra? Nelle parole della maestra Felicita, tratte dalla prefazione della fanzine: «È una domanda a cui molti preferiscono non rispondere per non doverne poi affrontare le implicazioni. Il motivo di questo oblio da parte del mondo adulto è complesso e articolato. Ma a fronte di tanto silenzio, posso dire con certezza che i bambini e le bambine sentono il bisogno di parlarne e vogliono parlarne. Questi due anni trascorsi tra pandemia e guerra in-diretta hanno trasformato visibilmente la loro visione del mondo, la percezione della vita e delle relazioni, evidenziando piccole paure e leggere fobie, di cui sono a volte coscienti e a volte inconsapevoli. Dove andranno e come si trasformeranno nel tempo queste ansie e queste preoccupazioni? Non possiamo saperlo, ma possiamo pensare di aiutarli ora, e non domani, a esternare il proprio vissuto, a raccontarlo e rielaborarlo insieme alle proprie compagne e compagni di vita nella scuola e nei luoghi che loro attraversano, perché il confronto aiuta a crescere». Ed è da questa domanda e da queste risposte che è nato il sostegno delle editrici di Hopi edizioni a questo progetto: «Quando ho visto i lavori dei bambini mi si è sciolto il cuore, mi sono detta che c’è ancora da fare rispetto all’elaborazione del periodo del covid», dice Silvia, «ed è un lavoro che va fatto adesso: anche oggi alla fiera, tra i laboratori tenuti su altre cose, continuava a uscire tra i bambini la questione del covid, e se non si fa un lavoro di elaborazione, anche semplice, adesso, può essere dannoso». E ancora, nelle parole di Valentina: «Ci sembrava necessario dare spazio ai bambini, dar loro voce, perché loro sono senza peli sulla lingua. Escono fuori cose fighissime dai bambini: hanno le loro cose da dire, esprimono senza filtri quello che sentono; appena glielo si chiede si mettono a disegnare immediatamente, non come gli adulti che hanno bisogno prima di pensarci su».  

TerraCielo è quindi una pratica di consapevolezza ed elaborazione, oltre che di connessione con il proprio sentire. Ed è il frutto di un’operazione che non nasce casualmente, come progetto editoriale puntuale e ad hoc, ma prende vita all’interno di un percorso dal passo lento, sereno, di esternazione graduale e giornaliera del proprio vissuto. Un percorso accompagnato e sostenuto, inoltre, da tante altre metodologie didattiche alternative, come la pratica del cerchio, della mindfulness, della flipped classroom, del peer to peer: pratiche a cui la maestra della VB ha abituato la propria classe – facente parte di una scuola estremamente multiculturale – con la finalità di portare a riconoscere e a rispettare ogni differenza, esternando e condividendo ogni sensazione e problema soggettivo, ogni motivo di rabbia o frustrazione, ogni occasione di riconoscimento e comprensione. Con la volontà forte di ospitare, nello stesso cerchio-classe, il mondo di ognuno. 

Alla fine, è Nina Luce a puntare l’attenzione su un fatto fondamentale: i bambini e le bambine della VB sono «tra i primi bambini ad aver fatto un libro per i bambini e per gli adulti: di solito sono gli adulti a scrivere libri per bambini, ma quando lo fanno esprimono cose diverse da quelle che esprimeremmo noi, perché sono grandi e non sono piccoli come noi; noi sappiamo le nostre cose, noi siamo più liberi dei grandi». Il punto di TerraCielo è proprio questo: dar voce a coloro che di solito, nei circuiti editoriali, non trovano voce, e a cui però, nei circuiti editoriali, si professa spesso e volentieri di volersi rivolgere, in quanto lettori precoci ed elettivi. Dar voce ai bambini, invece, significa fare spazio a parole e sentimenti immediati, che escono veloci, senza filtri e senza peli sulla lingua. E significa riconoscere il valore del loro quotidiano, di ciò che vivono e provano ogni giorno – la Terra – insieme al valore dei loro sogni, delle loro soluzioni alternative, dei loro desideri – il Cielo