Il direttore di giornale: tra visione e responsabilità

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Viviamo in una società dove l’informazione è molto veloce e aggressiva. Giornali e giornalisti, troppo spesso schierati partiticamente — non politicamente, la differenza è sostanziale — stanno rendendo il mondo dei media sempre meno affidabile e imparziale. Quante volte, soprattutto nei talk show, vediamo importanti giornalisti schierarsi dall’una o dall’altra parte, come i più fedeli dei militanti, svilendo il loro ruolo e facendo perdere di credibilità a un’intera categoria?

Sia chiaro fin da subito: non penso che chi si occupa di informazione non debba esprimere una posizione o non debba contestare, anche con forza, il potere e la politica. Al contrario, sono convinto che i media svolgano un ruolo fondamentale nel “controllare” il potere, denunciandone gli abusi e le storture. Proprio per questo è aberrante che si abbia, senza valutazione alcuna, una posizione “aprioristica”, dettata solo dal partito di riferimento del momento. 

Di questa deriva qualunquista, hanno grande responsabilità i direttori degli organi di stampa che, in un universo che potremmo bonariamente definire confuso, devono invece aiutare la nostra categoria — e l’opinione pubblica tutta — a ritrovare la bussola della ragione.

Troppo spesso, il “direttore” è visto soltanto come il front man di una redazione quando, al contrario, svolge un ruolo fondamentale di coordinamento e di indirizzo della linea editoriale di un quotidiano, così come di un periodico o di un telegiornale.

La sua capacità di leggere la società, in un mondo così veloce, è discriminante affinché le informazioni possano essere trasmesse in modo corretto a un pubblico vorace ed impaziente.

Chi fa il giornalista sa benissimo che, con la rivoluzione dettata in primis da internet e poi dai social network, le notizie tendono a passare molto velocemente e che, per essere competitivi, bisogna essere rapidissimi a pubblicarle prima degli altri competitors. Spesso a discapito della qualità di ciò che si andrà a comunicare.

I direttori di giornale devono impedire proprio questo, tornando a investire su un modo di fare informazione che potrebbe sembrare anacronistico, ma che in realtà è fondamentale nella società in cui viviamo.

Mi verrebbe da consigliare di tornare a un giornalismo ragionato, più lento e responsabile, che soppesi le parole e prenda posizioni dettate, in primis, dalla nostra etica professionale.

Di questo tipo di giornalismo, fortunatamente, ancora esistono modelli virtuosi che hanno fatto della qualità un mantra, grazie anche alla guida di direttori responsabili e lungimiranti.

Nel breve periodo, forse, queste scelte posso sembrare non pagare, ma sono profondamente convinto che, soprattutto tra le nuove generazioni, questo modello tornerà ad essere vincente.

Dobbiamo affidarci ai nuovi modelli che nascono dall’editoria e dalla stampa veramente indipendente, capaci di vivere l’informazione come una missione e non solamente come un modello di business.

Tutto questo, siamo convinti, sarà possibile e proprio per questo lanciamo la sfida all’informazione del domani.