Annalena Benini, Annalena

Scritto da

Come ogni persona, Annalena Benini è cresciuta con le convinzioni della propria famiglia. Le sue sono il propoli della zia e il riso della madre. Tredici anni fa, per guarire da un male violento, inaspettato e trascurato, la scrittrice si appoggiò a queste due antiche credenze, oltre che “a tutti gli antibiotici, il buco nei polmoni, il voto che non ho rispettato”. Ma “la forza desiderante” che la fece uscire dalla condizione di buio in cui era piombata all’improvviso e la luce che le diede la scossa definitiva furono le lettere di Annalena Tonelli. 

Fin da bambina, la scrittrice e giornalista aveva sentito risuonare in famiglia, e nella sua città di Forlì, la storia di Annalena Tonelli, la cui madre era cugina di suo nonno Ludovico. Ma fu proprio durante i ventinove giorni di ricovero ospedaliero che una frase dell’epistolario di Annalena Tonelli aprì dentro il corpo della scrittrice quella fessura profonda attraverso cui si propagarono le scosse della salvezza. “E se morissi oggi?” scrive Tonelli. “E se morissi senza avere amato di più?”.

Sola in ospedale, con la paura di morire dopo aver fatto così poco su questa Terra, Annalena Benini non poté che identificarsi nella paura di questa “donna quasi mistica” che dedicò l’intera sua vita ai poveri, agli ultimi, a quelli che lei definiva “brandelli di umanità ferita”. Non era una missionaria laica né una santa; la sua non era la carità delle signore del Rotary Club, ma una dedizione totale agli altri, inscindibile da una severa intransigenza. “Spiritualmente abitata anzi affollata”, Annalena Tonelli visse per gli altri nell’amore di Dio e venne uccisa – il 6 ottobre 2003 – da un colpo di fucile dei fondamentalisti islamici, perché era una donna, era bianca, sola e pericolosa per l’establishment di potere. 

Annalena Benini si confronta con questa figura immensa, cercando di capire se in essa ci sia qualcosa di più umano, di più vicino a sé stessa. Forse il loro unico legame si riduce ai punti esclamativi vergati accanto alle frasi più belle di un libro? Si trova a pensare a un certo punto. O forse è nella scrittura che sta la loro affinità? Forse, invece, risiede nell’unico tormento che scombussolò l’anima di Annalena Tonelli, ovvero la paura di non essere ascoltata e compresa, la paura della solitudine e di lasciare questo mondo senza avergli dato prima abbastanza amore.

Quindi, sì, il mondo che la “donna quasi mistica” amò, e in cui scelse di vivere, fu diametralmente opposto a quello che la scrittrice abita e in cui ama abitare, ma tuttavia l’amore che Annalena Tonelli nutrì verso il suo mondo – “per lei l’unico possibile” – fu “un’amore esagerato”, proprio come quello che anima Annalena Benini, fin da bambina curiosa e desiderosa di spalancare le braccia a ciò che ama ed è altro da sé. 

Perché l’amore può essere rivolto a un singolo uomo, o all’umanità intera, presa un essere umano alla volta, ma, per essere amore, deve mantenere la sua esagerazione e la sua tragedia. Perché un amore normale, perfetto, che funziona, non è amore.