"La biblioteca dei sussurri": intervista a Desy Icardi

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Desy Icardi, scrittrice torinese, ha pubblicato i suoi primi tre romanzi, L’annusatrice di libri (2019), La ragazza con la macchina da scrivere (2020) e  La biblioteca dei sussurri (2021), con Fazi editore, riscuotendo, anche all’estero, un grande successo di critica e di pubblico. Il suo ultimo romanzo, sempre edito da Fazi, è La fotografa degli spiriti (2022). 

Noi l’abbiamo incontrata per parlare del suo terzo romanzo, La biblioteca dei sussurri, storia ambientata nella Torino degli anni Settanta che vede come protagonista una bambina di nome Dora. 

Dora ha sei anni e vive insieme alla sua grande famiglia nella città di Torino, nella casa lungo il fiume Dora, di cui è proprietaria la prozia Dorina. La sua è una famiglia di persone comuni, che fanno cose comuni, accompagnando però il proprio agire con suoni che si riverberano per tutta la casa.                                      

Una famiglia numerosa e rumorosa che, tuttavia, verrà disgraziatamente visitata più volte da zia Catlina, presenza incorporea e sinistra, la quale farà piombare l’allegra abitazione in un clima luttuoso e triste. Per fuggire dal silenzio opprimente di casa, Dora troverà rifugio nel silenzio accogliente di una delle biblioteche del capoluogo piemontese. 

Dora è una settimina. Nata prima del previsto, eredita della prozia Dorina un potere speciale: quello di ripulire le “case lamentose”, ovvero le abitazioni che trattengono tra le loro mura rimpianti, sensi di colpa e ansie. Per un breve periodo, infatti, Dora accompagna la prozia, detta “Dorina degli Spifferi”, nelle case infestate dai fantasmi della tristezza. A un certo punto, però, quando è ancora una bambina, Dora decide di rinunciare a questo potere. Perché questa decisione? È finalizzata a difendersi dalle sofferenze di questo mondo?

Direi di no; si tratta piuttosto di una metafora dell’adolescenza. Chi più e chi meno, ognuno crescendo prende le distanze dalle proprie origini. È un passaggio necessario, esaltante e traumatico che, talvolta, conduce all’equilibrio personale, talaltra a rinnegare una parte di se stessi così come accadrà a Dora, la protagonista del romanzo La biblioteca dei sussurri. La crescita, a mio avviso, è un processo dal movimento circolare, che prima ti allontana “da casa” e poi ti ci riconduce ad essa, più forte e arricchito d’esperienze; una sorta di viaggio dell’eroe, così come inteso dallo sceneggiatore americano e docente presso l’università della California, Christopher Vogler.  

“La casa sulla Dora era una dimora straordinariamente accogliente, tanto con gli oggetti quanto con le persone”. È esistita davvero una casa sulla Dora? 

Ce ne sono state molte, come testimoniano i molti lettori che mi scrivono dicendo di aver ritrovato nella casa sulla Dora un po’ delle case dei loro nonni, zii o amici di famiglia che erano soliti frequentare durante l’infanzia. L’idea della casa sulla Dora è nata da alcuni casolari che sorgevano lungo il fiume e che, sino a qualche decennio fa, convivevano con palazzi di più recente edificazione. Una di queste costruzioni, che da bambina immaginavo fosse una grande cascina ma che in realtà era una fabbrica abbandonata, esiste ancora e – caso strano – oggi è diventata la biblioteca Italo Calvino.

Ogni tuo libro è dedicato a un senso diverso. L’annusatrice di libri puntava sul senso dell’olfatto, La ragazza con la macchina da scrivere sul tatto, mentre in La biblioteca dei sussurri viene coinvolto il senso dell’udito. Il tuo ultimo e quarto romanzo, La fotografia degli spiriti, è dedicato invece al senso della vista … 

Esatto. Sin da L’annusatrice di libri avevo in mente una pentalogia sensoriale composta da cinque romanzi, indipendenti tra loro, ognuno dedicato a uno dei cinque sensi. Il mio quarto e ultimo romanzo è dedicato al senso della vista. I cinque romanzi hanno altri tratti in comune: sono ambientati a Torino nel secolo Novecento, parlano dell’amore per la lettura, hanno per protagoniste delle donne e alcuni personaggi comprimari sono ricorrenti; uno tra tutti l’avvocato Ferro, che imperversa in ogni romanzo della pentalogia. 

Tanti sono i personaggi di questo tuo romanzo: la piccola Dora, una bambina curiosa e lettrice onnivora; la stravagante prozia Dorina; l’avvocato Edmondo Ferrero, il centenario mentore di Dora. C’è un personaggio a cui sei più affezionata? 

Certamente l’avvocato Ferro che, come dicevo poc’anzi, compare in ogni romanzo della pentalogia. L’avvocato Ferro è un lettore talmente devoto da calcolare il tempo non in giorni, ore e minuti, bensì in libri e pagine lette. Crede nel potere terapeutico dei libri e sa consigliare a ciascuno la lettura più adatta alle proprie necessità. Non è tuttavia un uomo perfetto, talvolta la sua smania di leggere il più possibile, infatti, si trasforma in cupidigia, come si può leggere ne Il fantasma del lettore passato, un racconto natalizio del quale l’avvocato è protagonista, e che il Natale scorso ho regalato ai miei lettori. Il racconto è ancora scaricabile gratuitamente dal sito di Fazi editore e da tutti gli ebook-store (Amazon, Kobo, Feltrinelli, etc.).

Questi personaggi sono tutti frutto della tua immaginazione o nascono da incontri realmente avvenuti nella tua vita? 

Sono personaggi di pura fantasia. Ma la fantasia non è mai “pura” in senso stretto, in quanto si basa sull’esperienza personale. Creare non significa inventare di sana pianta, quanto piuttosto riordinare, disporre in maniera originale le tante immagini e informazioni che il nostro cervello raccoglie e conserva; è pertanto inevitabile che ogni personaggio tragga ispirazione, anche se indirettamente, da persone che ho incontrato nonché da me stessa: “Bovary c’est moi!”, rispondeva Flaubert quando gli domandavano a chi si fosse ispirato per delineare il personaggio di Emma Bovary.