“La Confraternita dell’Uva”: la determinazione dell’indipendente

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In Italia, soprattutto negli ultimi due anni, l’industria editoriale ha visto un notevole incremento delle vendite, malgrado l’esorbitante aumento dei prezzi della carta. Leggendo gli ultimi report dell’AIE (Associazione Italiana Editori), inoltre, si nota come sono ancora le librerie fisiche il principale canale di vendita dei libri, questo probabilmente perché il mercato della cultura necessita di quel valore aggiunto, quel tocco umano che ha il potere di far appassionare ad una storia fino a volerla acquistare. 

Ce lo ha raccontato anche Giorgio Santangelo, proprietario e co-fondatore, insieme ad Antonio Ciavarella, de “La Confraternita dell’Uva”. Si tratta di una libreria indipendente bolognese che unisce in un’efficace idea imprenditoriale la passione per l’enogastronomia e, ovviamente, quella per i libri. Nella libreria si respira un’aria accogliente, quasi familiare; è un luogo in cui il rapporto commerciante-cliente ha qualcosa di più rispetto al mero obiettivo dell’acquisto. La cura e l’interesse verso chiunque varchi la soglia è palpabile; qui, infatti, si respira un’umanità dimenticata, che probabilmente solo chi gestisce una libreria indipendente riesce a trasmettere ai suoi clienti. 

Da dove nasce la passione per i libri e l’idea di farli diventare, poi, il tuo lavoro?

Le radici della mia passione per i libri si possono ritrovare già all’interno delle mura di casa, i miei genitori hanno sempre invogliato, sia me che mio fratello, alla lettura: mio padre, specialmente, è un lettore accanito ed anche una delle poche persone che conosco ad aver finito di leggere tutta La ricerca del tempo perduto di Proust. 

Anche l’idea di far diventare l’amore per i libri un vero e proprio lavoro nasce durante la mia infanzia: all’epoca volevo aprire un’edicola, in cui poter leggere tutti i libri che volevo e, ogni tanto, vendere qualcosa. Un sogno semplice che di certo non prendeva in considerazione tutte le implicazioni dell’avere un’attività commerciale, con tanto di levatacce al mattino. Per questo ho deciso di optare per una libreria, che sicuramente aveva più senso per me. Comunque sì, si tratta di un’idea che frulla nella mia testa già da quando ero un bambino: mi è sempre piaciuto avere libri intorno. 

Quali pensi siano le sfide più importanti che si incontrano nella gestione di una libreria indipendente?

Essere indipendenti significa poter fare delle scelte proprie, sia a livello di catalogo, sia per quanto riguarda il rapporto che si instaura con i clienti che entrano in libreria. Personalmente, ho deciso di lavorare soprattutto con piccole case editrici indipendenti, puntando su titoli non per forza popolari ma più di nicchia, che portano ad una selezione naturale della clientela della libreria. La realtà di Bologna si adatta perfettamente a questo modello, perché i lettori che frequentano il luogo non entrano in libreria per caso o perché hanno sentito parlare di titoli specifici da pubblicità; sono persone appassionate, che si informano, che sanno cosa cercano e vengono qui perché sanno che possono trovare determinati autori o percorsi tematici. Si tratta di una clientela che ha una certa coscienza etica anche per quanto riguarda il mondo dei libri: è consapevole del fatto che comprare in una libreria indipendente comporta un investimento per il territorio; banalmente, con quei soldi, io posso fare la spesa nel supermercato locale, mentre acquistando da piattaforme online internazionali si va ad arricchire un mondo totalmente diverso, causando sul lungo termine anche un impoverimento locale. 

Le sfide sono tante, soprattutto dovute alla burocrazia — a volte troppo articolata — e agli ingenti costi di gestione. La mia esperienza di libraio, comunque, è ancora abbastanza fresca, quindi posso dire che c’è ancora tanta passione e tanta voglia di mettersi in gioco e questo mi aiuta anche davanti alle difficoltà. Mi piace prendere le sfide che incontro sulla strada che ho deciso di percorrere come qualcosa di positivo, da affrontare giorno per giorno.

Tra i tanti progetti portati avanti qui alla Confraternita dell’Uva quale pensi sia quello di cui vai più fiero o comunque che ti ha segnato di più?

Nell’ultimo anno, in città, si è andata pian piano formando — anche grazie all’apertura di nuove librerie — una rete di librerie indipendenti che coinvolgono Bologna e dintorni. Insieme, siamo riusciti ad organizzare già due edizioni di quello che abbiamo chiamato “Festival di Sant Jordi”. Sant Jordi è il patrono della Catalogna e in suo onore, tra Barcellona e dintorni, si tiene una festa molto sentita, anche perché è proprio la festa del libro. In quell’occasione, infatti, tutti si regalano un libro e una rosa e, nelle librerie della città, si organizzano stand e bancarelle, creando una sorta di immensa libreria a cielo aperto gremita di persone. Quando l’ho vista a Barcellona ho subito pensato che mi sarebbe piaciuto proporre qualcosa del genere anche qui; per questo, ad aprile scorso e di nuovo in occasione di San Petronio, patrono di Bologna, siamo riusciti ad invitare diversi ospiti e ad unire dieci realtà, tra librerie indipendenti ed associazioni del posto, che in Porta Pratello hanno esposto i loro banchetti e attirato numerosi partecipanti. 

Posso dirmi molto fiero anche del gruppo di lettura de “La Confraternita dell’Uva”, in cui ogni mese si tratta un libro di una casa editrice indipendente diversa e si aprono dibattiti su temi, anche caldi, della contemporaneità. Ad esempio, proprio questo mese, la votazione online ha decretato che il libro del mese di novembre sarà quello di una scrittrice iraniana che tratta della storia di tre donne, appunto iraniane, di estrazioni sociali diverse e che offre indubbiamente moltissimi spunti per dibattiti e riflessioni. 

Ha sicuramente colpito la vostra iniziativa di distribuire libri porta a porta, peraltro in bici, nel periodo del lockdown. Da dove nasce questa idea e quali sensazioni e ricordi conservi di quei momenti?

“La Confraternita dell’Uva” si è sempre occupata di consegne, spedizioni e similia; quindi, non c’è effettivamente qualcosa di rivoluzionario in quest’idea. Per la clientela più affezionata ci era già capitato di portare direttamente i libri a casa. Sicuramente, però, in un periodo particolare come quello del lockdown ci siamo ritrovati davanti ad una circostanza estrema, in cui non avevamo la possibilità di continuare le nostre consuete attività. Dall’input dell’amico e collega torinese Mattia Garavaglia, gestore di “La libreria del Golem”, abbiamo deciso anche noi di iniziare a distribuire i libri; prima solo a partire dalle 18 — secondo le direttive statali, al calare della serranda — poi, con la chiusura totale, è diventata l’unica maniera per lavorare. Al contrario di altri, io non potevo permettermi di stare a casa, sarebbe significato chiudere i battenti dato che da parte dello Stato non c’è stato alcun aiuto economico. 

Le consegne e le spedizioni anche all’estero ci hanno salvati: siamo ricorsi ad una vera e propria “chiamata alle armi”, dicendo chiaramente che necessitavamo di una mano per tenere in piedi l’attività. La gente ha risposto prontamente, commissionando spedizioni in numerosi Paesi dell’Unione Europea e, addirittura, continuano tutt’ora a chiederci spedizioni. Per chi era qui, posso dire che abbiamo portato anche un momento di conforto nelle case di chi non aveva contatti con nessuno: era l’occasione per scambiare due chiacchiere dal balcone con coloro che non uscivano nemmeno per fare la spesa. Ovviamente è stata un’esperienza che spero non si ripeta mai più nel futuro, ma che mi ha segnato sicuramente, soprattutto a livello umano. Penso si sia vista anche la forza di volontà di determinate realtà di inventare sempre nuove strategie per andare avanti. Noi, ad esempio, siccome non avevamo disponibilità di libri in magazzino, dato che anche i distributori avevano chiuso per un periodo, ci siamo inventati l’idea del “pacchetto indipendente” consigliando dei libri a sorpresa tra quelli che avevamo già a seconda dei generi o degli autori che potevano interessare ai vari clienti. 

L’opzione del “pacchetto indipendente”, inoltre, si può trovare anche su Bookdealer. Si tratta di una nuova piattaforma, simile ad una sorta di store online, in cui, una volta selezionato il libro desiderato, si sceglie la libreria indipendente da cui acquistarlo, con la possibilità sia della spedizione a domicilio sia di andare fisicamente a prenderlo. 

Qual è il testo o l’autore che secondo te non può mancare nella tua libreria?

In questa libreria non può mancare il libro da cui essa stessa prende il nome: ovvero La confraternita dell’uva di John Fante. Da questo romanzo è nato anche il logo, posto in alcuni oggetti che vendiamo e che, appunto, riporta la faccia dello scrittore italo americano. John Fante è il mio autore preferito, pubblicato prima da Marcos y Marcos e ora da Einaudi, è stato un po’ la mia ispirazione per l’apertura della libreria. Essendo dedicata a lui, il suo libro c’è sempre.

Lapaginabianca.docx è un’associazione di promozione sociale con una sensibilità spiccata verso l’editoria, che messaggio vorresti lasciare ai nostri lettori che studiano e magari sognano di entrare a lavorare nella filiera editoriale?

Non si può negare che l’editoria sia un mondo difficile, però le soddisfazioni che ne derivano, per chi ci lavora, ripagano le difficoltà. Bisogna essere molto determinati per riuscire. Capita spesso che la gente che entra in libreria dica che il libraio è il lavoro più bello del mondo, ma spesso non ci si rende conto della fatica che si fa e del lavoro che c’è dietro. Si deve pensare alle fatture, alla burocrazia, al rendiconto… insomma, forse questo aspetto circoscrive un po’ l’idea romantica, quasi idealizzata, del mestiere del libraio. La realtà è fatta anche di sacrifici e bisogna averli ben chiari quando si vuole intraprendere questi percorsi. Certo, non è un lavoro come tutti gli altri, riesce a dare grandi soddisfazioni, in termini che vanno anche al di là del semplice guadagno monetario. Quello che vendo non è solo un oggetto: è un prodotto che va oltre l’aspetto puramente materiale, che arricchisce la vita delle persone. L’aspetto positivo — e contemporaneamente anche negativo— di questo lavoro è che si tratta di un impiego ma, allo stesso tempo, di qualcosa che va al di là di esso. È proprio in questo, per me, che sta la sua unicità.