Il futuro dei musei naturalistici: intervista al Professor Riccardo Manni

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I musei naturalistici hanno sofferto una crisi dal dopoguerra fino agli anni 70. Essi erano visti come strutture “obsolete”, poco dinamiche, adatte solo a collezionisti e amanti della natura. Lo stesso mondo accademico, avendo sempre più necessità di recuperare nuovi spazi per realizzare laboratori, aule ed uffici, "espropria" locali ai musei. 

In questo modo i musei hanno dovuto spesso intraprendere vere e proprie battaglie per la loro sopravvivenza. Le stesse università hanno spesso eliminato o ridimensionato i musei, ossia i luoghi preposti per la conservazione e la diffusione della natura. 

Come denotato da Marino Sinibaldi già nel 1992 "il deterioramento sempre più grave delle condizioni ambientali su tutto il pianeta, l'allarme provocato dalla profondità e irreversibilità dei guasti già prodotti e i pericoli ormai evidenti di rottura definitiva dell'equilibrio tra uomo e natura hanno favorito il formarsi e ampliato la diffusione e l'importanza di gruppi e associazioni impegnati in campo ecologico". 

Grazie a questo le scienze naturali hanno tratto beneficio e, indirettamente, anche i musei naturalistici, in quanto i reperti, diventano fondamentali per capire e studiare le problematiche ambientali. Purtroppo, gli spazi persi non sono stati più recuperati ma i musei sono rinati e/o rimessi in moto. 

Negli anni Novanta si è sviluppata una rivoluzione culturale notevole nella quale il visitatore, da questo momento, diventa attivo. Può scegliere di interagire e decidere in proprio cosa leggere e cosa vedere e compiere, inoltre, esperienze direttamente in loco e capire meglio determinati processi scientifici.

Nonostante i grandi passi avanti fatti dai musei con la tecnologia soprattutto durante il periodo di pandemia, come abbiamo già visto nell’articolo della dottoressa Giuliani, rimangono alcune problematiche delle quali si è discusso con il Professor Riccardo Manni, paleontologo e docente di Museologia Naturalistica presso La Sapienza – Università di Roma.

Oggi in Italia quali sono le 3 maggiori criticità che un museo naturalistico si trova ad affrontare?

La prima e la mancanza di una cultura naturalistica. In Italia non si fanno le scienze naturali a scuola o la si fa in maniera occasionale poiché la maggior parte dei docenti di scienze provengono dall’ambito biologico.

Un altro fatto molto grave è che in Italia le scienze naturali non hanno un proprio ordine e, nonostante lo scetticismo Europeo per quanto riguarda la funzionalità degli ordini professionali, sarebbe servito per avere una voce unica che comprenda tutte le materie naturalistiche, come Geologia e Botanica, per riuscire a dare un’importanza al suo ruolo.

Questo fa si che quando lo stato debba fare un qualcosa sull’ambiente, non contatti i naturalisti, appoggiandosi ad altre figure e portando a scarsi finanziamenti per i musei naturalistici che causano anche la presenza di poco personale addetto, presentando poche unità che svolgono tutti i ruoli.

Un esempio può essere il Museo Universitario di Scienze della Terra (MUST) in Sapienza – Università di Roma, che è stato da poco creato e che comprende varie discipline come la geologia, la mineralogia e la paleontologia e sarà, a conclusione dei lavori, uno dei più grandi musei di Scienze della Terra d’Italia, Nei fondi stanziati per i lavori, però, non ne sono previsti molti per il personale. Questo porta problemi di organizzazione degli eventi che possono prendere parte in giornate fuori dagli orari lavorativi dovendo a sua volta, quindi,  cercare accordi con il personale per lavorare nei giorni festivi.

Un ultimo problema riguarda anche quello degli edifici che sono fatiscenti o, non essendo stati creati per ospitare un museo, presentano limiti strutturali.

La cultura accessibile online e condivisa dai musei incentiva oggi il grande pubblico ad andare nei musei?

La cultura online è utilissima poiché è alla portata di tutti, ad oggi è difficile trovare persone che non possiedano uno smartphone. Il vero problema è come internet venga utilizzato, ad esempio, per cercare sciocchezze. Si dovrebbe educare nelle scuole all’uso delle potenzialità della tecnologia.

Quasi tutti i musei presentano un sito internet con informazioni culturali importantissime.

Ben venga, quindi, la presenza dei musei nei “cellulari”, c’è solo un piccolo inconveniente, si rischia di non andare più al museo ma di osservare i reperti su internet portando così ad una riduzione delle entrate di pubblico nei musei.

Le organizzazioni devono quindi ben organizzarsi per riuscire a creare un sito che faccia vedere una piccola parte della mostra o collezione così da invogliare il cittadino non solo a guardare il museo da casa, ma anche di andare in loco.

Perché alcune istituzioni culturali ancora oggi sono restie ad introdurre nuove tecnologie nei musei?

Sicuramente può incidere, sull’utilizzo della tecnologia nei musei, l’età dei direttori i quali possono essere restii e convinti che non portano un notevole vantaggio, Ad esempio, se presentano una collezione ben curata e strutturata, per loro già è sufficiente e non vedono questa utilità di usare la tecnologia.

L’uso di apparecchiature elettroniche, però, può essere importante per supportare i reperti con informazioni più dettagliate.

Bisogna anche mettere in conto il costo del dispositivo e della manutenzione, poiché varie volte si possono bloccare a causa del continuo utilizzo, e anche lo stesso personale deve essere istruito.Questo ci fa vedere come la pigrizia culturale e i costi facciano ridurre l’utilizzo di queste tecnologie.

Il contenuto multimediale non sempre è necessario poiché dà informazioni marginali che possono distogliere l’interesse verso il percorso con cui un museo è strutturato.

Nonostante questo, sono importanti per riuscire a raggiungere un pubblico più giovane il quale usa dispositivi elettronici. Se i musei li presentassero potrebbero essere più invogliati ad entrare.

Un altro uso della tecnologia, oltre che invogliare un pubblico giovane, è quello di creare strutture museali che possano essere usufruiti da persone disabili, come le persone non udenti, che grazie alla tecnologia possono interagire con i reperti attraverso il proprio cellulare e quindi possono godere di una visita “guidata”.

La digitalizzazione rappresenta un svolta epocale per i musei, i suoi sviluppi e utilizzi sono ancora infiniti e senz’altro cambieranno la nostra società profondamente e di conseguenza anche i musei naturalistici ne trarranno giovamento. Se da un lato la digitalizzazione porterà benefici per le nuove generazioni cresciute con le nuove tecnologie, dall’altro potrebbe portare alla fine dei musei come li intendiamo adesso.

Sarà sicuramente importante trovare il giusto equilibrio tra questi due modelli al fine di migliorarne l’esperienza.