La società è un insieme di individui che, condividendo alcuni comportamenti, stabiliscono delle relazioni reciproche per costruire un gruppo o una comunità dotata di diversi livelli di organizzazione.
Molti pensano che la società sia un concetto umano, in realtà è un processo naturale che non si ritrova solamente nei primati ma in moltissime altre specie animali. Bisogna però fare una distinzione tra le varie comunità di animali presenti in natura.
Si parla di gruppi sociali quando c’è conoscenza e collaborazione tra gli individui che lo compongono, questo si nota in specie come i primati e i lupi. Tra di loro tutti gli individui si conoscono e collaborano nelle varie attività della giornata come: la caccia, la difesa e la crescita degli orfani, i quali non sono lasciati a loro stessi ma vengono accuditi da tutto il branco. In questo tipo di comunità ogni individuo sceglie con chi collaborare e con chi no.
Un esempio può essere quello raccontato da Jamie e Jim Dutcher nel libro Duemila giorni con i Lupi, nel quale viene descritto come la morte di un individuo, in questo caso l’omega del gruppo, può provocare forme di comportamento associabili ad uno stato depressivo, che dura fino a che i ruoli non vengono riequilibrati all’interno del branco.
Esistono anche gruppi che, pur non conoscendosi e non collaborando insieme, decidono di unirsi per avere più possibilità di scampare all’attacco di un predatore.
In questo caso parliamo di gregarismo, ovvero, la comunità non è altro che una convenienza personale per la salvaguardia della specie.
Ne fanno parte principalmente specie come le sardine, i mammiferi o gli equini che, quando attaccate da un predatore, non pensano a salvaguardare il gruppo ma si danno alla fuga, risposta istintiva immediata che comporta la minima perdita degli individui rimasti indietro.
In natura non esiste solo bianco o nero, quindi, non si tratta di una divisione netta tra gruppi sociali o gregari. Ci sono specie, infatti, che rappresentano una via di mezzo: come i bovini e gli ovini, i quali provano completo disinteresse nel proteggere la prole altrui ma, nel momento in cui è necessario difendersi, si stringono gli uni gli altri in un gruppo compatto.
I buoi muschiati, durante l’attacco dei lupi, nonostante manchi loro l’interesse nel salvaguardare la prole altrui, mostrano un forte gregarismo nell’attimo dell’attacco: gli adulti essendo più difficili da attaccare, si mettono in cerchio, formando una vera e propria barricata a difesa dei piccoli, i quali vengono spinti al centro del perimetro.
I buoi, quindi, non fuggono davanti al pericolo lasciando al proprio destino i compagni ma, al contrario, collaborano tra di loro.
Eppure in natura non esistono solo specie gregarie, al contrario, sono tanti gli animali che, alla socialità, preferiscono la solitudine. Essi passano buona parte dell’anno da soli, senza avere contatti con nessun altro individuo della propria specie e, in caso di incontro, possono innescare lotte per la supremazia territoriale. Nonostante ciò, la loro individualità si ferma nel periodo di riproduzione, nella quale il maschio e la femmina, cercato l’incontro, passano del tempo insieme e si corteggiano fino all’atto riproduttivo.
Successivamente, non è raro che il maschio abbandoni la femmina, la quale rimane con la prole fino allo svezzamento. I piccoli, una volta divenuti grandi abbastanza per cavarsela da soli, si allontanano dalla figura genitoriale andando in cerca di un loro territorio nel quale, in età riproduttiva, cercheranno una femmina da poter fecondare.
Come possiamo vedere, il concetto di socialità è alla base delle interazioni tra specie animali, le quali si riuniscono in comunità che possono essere più o meno complesse e nelle quali vengono stabilite delle regole non scritte che portano ogni individuo a cooperare per la salvaguardia di sé stesso e del gruppo o, in casi estremi, della comunità, anche a discapito del singolo.
Questo è ciò che è avvenuto anche nella storia dell’umanità. Inizialmente, infatti, i primi gruppi sociali si sono instaurati come supporto di protezione e difesa – associabile al gregarismo– ma, con il passare dei secoli, si sono sviluppati e trasformati in comunità vere e proprie, che cooperano non solo per la difesa del territorio e dai predatori, ma anche per dare vita a tutte le attività che ci hanno portato e continuano a guidarci nella costruzione della nostra attuale società.
Ma la nostra società, grazie anche allo sviluppo delle tecnologie, è riuscita a migliorare la condizione di vita degli individui che ne fanno parte?
Nonostante i passi fatti (e che ancora si stanno facendo) per cercare di creare una comunità inclusiva e senza disuguaglianze, dove tutti possano avere pari diritti lavorativi, socialmente presentiamo ancora profonde incertezze, sia dal punto di vista relazionale che d’identità.
Le società di un tempo promuovevano la virtus, costituita dalla cooperazione e la cura dell’altro, nel tentativo di dare un senso etico alla vita.
Adesso, si cerca di promuovere come virtù la competizione e l’egoismo, disperdendo o facendo crollare tutte quelle certezze che avrebbero dovuto sostenere la società moderna.
La tecnologia e la scienza, che avrebbero dovuto migliorare la condizione dell’uomo, oltre ai grandi benefici dati alla comunità, hanno portato allo sviluppo di armamenti nucleari, fame nel terzo mondo e povertà ancora presente nel mondo industrializzato.
La solidarietà, presente nelle tribù ancestrali, si è tramutata in individualismo.
La speranza di creare un unico mondo, una comunità formata da diversi gruppi etnici che collaborano per migliorare la vita in ogni luogo, è stata distrutta dal dilagare del nazionalismo, dal razzismo, dall’indifferenza per le disgrazie che affliggono gli altri e dal tentativo di dominare gli esseri umani.
La lotta per la dominazione dell’uomo sull’uomo, infatti, ha portato l’essere umano a cercare di dominare anche la natura, attraverso la sostituzione dell’organico con l’inorganico: il cemento ha sostituito il suolo fertile e il deserto, ma anche le foreste e gli ecosistemi complessi, pieni di biodiversità, sostituendoli con quelli meno complessi.
Modificare l’ambiente ci può essere utile da vari punti di vista, eppure, dovremmo tener conto di non poter modificare a piacimento qualsiasi ambiente, poiché ciò porta all’instabilità degli ecosistemi, il che si ritorce contro le popolazioni umane. Lo si può vedere con il disastro avvenuto il 16 settembre 2022 nelle Marche dove, a causa di forti alluvioni, il letto del fiume ha esondato e inondato le città limitrofe – tra cui il comune di Ostra –, causando gravi danni alle attività commerciali e, ben piú grave, portando alla morte dieci persone.
Tutto ciò è stato causato dalla propensione dell’uomo a costruire nelle zone vicino agli argini del fiume, andando a modificare, attraverso l’abbattimento degli alberi e la frammentazione suolo, tutti quei sistemi che formavano una barriera naturale contro le esondazioni stagionali.
A ciò, si è aggiunta la mala gestione delle reti fognarie da parte dalle amministrazioni comunali, le quali hanno portato al disastro.
La contrapposizione tra umanità e biosfera ci sta facendo perdere la fiducia nelle nostre caratteristiche intrinseche, nella nostra attitudine al pensiero concettuale e sistematico, ma anche nella capacità di prenderci cura dei nostri simili e delle altre forme di vita.
La nostra priorità è quella di ricondurre la società all’interno di un quadro ecologico, tenendo ben presente che i problemi ecologici sono problemi sociali.
La necessità economica, infatti, può indurre le persone ad agire contro i loro impulsi più genuini, tra i quali i valori naturali.
Un boscaiolo, assunto per radere al suolo una foresta, non necessariamente nutre odio verso gli alberi, ma non può far altro che adempiere al suo dovere; così come gli i macellai, che non provano alcuna soddisfazione nell’uccidere animali addomesticati, eppure questo è il loro ruolo nella società.
Com’è possibile, quindi, riportare la società in una visione più ecologica?
Sicuramente non basta tornare ad una vita primordiale come le tribù, che tuttora abitano le foreste dell'Amazzonia, ma cercare di utilizzare quelle che sono le nostre qualità di animali coscienti, usando la razionalità e cercando di sdoganare quelle sovrastrutture che hanno condizionato la società umana, potrebbe essere un passo avanti.
Tra queste ce ne sono molte da dover, non per forza distruggere, ma almeno migliorare: come il riconoscere la parità dei sessi in tutti i campi e le sue possibili applicazioni, cercando di normalizzare una pari valutazione dell’individuo, sia dal punto di vista lavorativo che familiare.
Ma anche il cercare di porre una visione più umana che economica alla base della nostra società, ad esempio, iniziando dalla rivalutazione del concetto di gerarchia in maniera funzionale.