Se conosciamo la letteratura americana, lo dobbiamo anche a un autore eclettico, che fu poeta, romanziere, traduttore e cuore pulsante dell'Einaudi: Cesare Pavese. Dovrebbe quindi rendere tutti noi particolarmente orgogliosi che esca, proprio in America, una monografia su di lui, dal titolo Cesare Pavese Mythographer, Translator, Modernist: A Collection of Studies 70 Years after His Death ovvero Cesare Pavese mitografo, traduttore, modernista. Una raccolta di studi 70 anni dopo la sua morte, a cura di Iuri Miscardi.
Il saggio comprende una serie di nuovi contributi critici a opera di studiosi americani, inglesi, tedeschi, ma anche italiani: Salvatore Renna (Freie Universität Berlin), Maria Concetta Trovato (Università degli Studi di Catania), Antonio Garrasi (Northwestern University, Chicago), Monica Lanzillotta (Università della Calabria), Kim Grego (Università degli Studi di Milano), Mark Pietralunga (Florida State University), Francesco Chianese (Cardiff University) / California State University Long Beach), Carlo Tirinanzi de Medici (Università degli Studi di Trento).
Il lavoro nasce in seguito all'idea di un convegno per i 70 anni dalla scomparsa dell'autore, raggiunti però nell'anno più complicato possibile: il 2020. Così, anche se tale evento si sarebbe dovuto svolgere a New York sotto il patrocinio dell'AAIS (American Association for Italian Studies) e dell'AARI (American Association of Teachers of Italian) è stato annullato, vittima anche lui della pandemia.
La casa editrice accademica americana Vernon Press, dove è possibile pre ordinare il volume (https://vernonpress.com/book/1183) ha poi accolto il progetto e ha pubblicato la monografia.
Come ci suggerisce il titolo, Cesare Pavese è stato un mitografo, traduttore e modernista. In quanto mitografo, Cesare Pavese ha fatto del mito un potente strumento per riflessioni antropologiche, già presenti nel suo capolavoro Dialoghi con Leucò. Quello che fu tristemente designato come contenitore della sua epigrafe: su una pagina dei Dialoghi con Leucò Pavese, morto suicida, scrisse infatti il suo addio. Non è un caso, poiché si tratta del lavoro che forse maggiormente lo rappresenta. Non le narrazioni delle campagne, non un "testardo narratore realista", come spiega lo ritengano gli altri nell'introduzione ai Dialoghi (tradotta in inglese nella monografia), bensì qualcosa di più. Come scrive nel suo diario, poi pubblicato come Il mestiere di vivere:
"Il mito greco insegna che si combatte sempre contro una parte di sé, quella che si è superata, Zeus contro Tifone, Apollo contro il Pitone. Inversamente, ciò contro cui si combatte è sempre una parte di sé, un antico se stesso. Si combatte soprattutto per non essere qualcosa, per liberarsi. Chi non ha grandi ripugnanze, non combatte. [28 dicembre 1947]"
La panacea per Cesare Pavese è sempre stata la scrittura e il mito in tal senso rappresenta, già ne La luna e i falò, quell'indagine profonda sulle radici dell'uomo, alla scoperta delle sue più intime origini, alla ricerca di un nostos di omerica memoria. Nel contributo di Maria Concetta Trovato e Antonio Carrasi, Cesare Pavese viene esaltato anche come etnologo, in grado di analizzare tanto l'umano quanto il non-umano, gli animali, la natura. Fiore all'occhiello di questa raccolta di saggi critici è proprio questa analisi che ancora di più scardina il luogo comune di Pavese come semplice romanziere, anche se ormai nessuno che abbia avuto il piacere di leggere a fondo l'autore potrebbe dirlo. Le antitesi sono un topos nella poesia e prosa dell'autore: città e campagna, vita e morte, gioia e dolore, infanzia / giovinezza e età adulta / vecchiaia. Come leggiamo in una delle sue poesie forse più indicative, che si intitola non a caso proprio Mito (Lavorare stanca):
Verrà il giorno che il giovane dio sarà un uomo,
senza pena, col morto sorriso dell’uomo
che ha compreso. Anche il sole trascorre remoto
arrossando le spiagge. Verrà il giorno che il dio
non saprà più dov’erano le spiagge d’un tempo.
Ci si sveglia un mattino che è morta l’estate,
e negli occhi tumultuano ancora splendori
come ieri, e all’orecchio il fragore del sole
fatto sangue. Ѐ mutato il colore del mondo.
La montagna non tocca più il cielo; le nubi
non s’ammassano più come frutti; nell’acqua
non traspare più un ciottolo. Il corpo di un uomo
pensieroso si piega, dove un dio respirava.
Il gran sole è finito, e l’odore di terra,
e la libera strada, colorata di gente
che ignorava la morte. Non si muore d’estate.
Se qualcuno spariva, c’era il giovane dio
che viveva per tutti e ignorava la morte.
Su di lui la tristezza era un’ombra di nube.
Il suo passo stupiva la terra.
Ora pesa
la stanchezza su tutte le membra dell’uomo,
senza pena: la calma stanchezza dell’alba
che apre un giorno di pioggia. Le spiagge oscurate
non conoscono il giovane, che un tempo bastava
le guardasse. Né il mare dell’aria rivive
al respiro. Si piegano le labbra dell’uomo
rassegnate, a sorridere davanti alla terra.
[ottobre 1935]
Qui la contrapposizione è tra lo sguardo dell'adulto e il passato di un momento pieno di possibilità come la gioventù. Il tempo regola il rapporto tra noi stessi e le nostre inevitabili idiosincrasie, con il mito sempre presente ad analizzarle. In Pavese, poi, il ponte che lega gli esseri umani al loro rapporto con la natura sono proprio gli animali, come accadeva nella poesia greca, di cui l'autore delle Langhe è grande traduttore, ma non solo.
Ricordiamo, infatti, che Pavese fu traduttore prolifico di diversi autori americani. Del resto, Maria Concetta Trovato ha partecipato anche ad un altro lavoro critico dedicato a Cesare Pavese, ovvero alla raccolta edita Mondadori L’opera poetica. Testi editi, inediti, traduzioni a cura di Antonio Sichera e Antonio di Silvestro e uscita nel 2021. Non a caso oltre a mitografo, nel titolo della monografia è anche traduttore e, pertanto, sono citate le sue ispirazioni americane. Walt Whitman è uno dei suoi principali modelli, specie nei primissimi lavori come Lavorare stanca. Ne diventa presto un grande traduttore, così come di Herman Melville e dell'Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters.
Per questo è particolarmente indicativo che una monografia su di lui trovi spazio in America, alla cui letteratura Pavese dedicò tanto.
Nel titolo della monografia, infatti, il poeta è Modernista, perché seppe vedere oltre la banalità per consentire alla letteratura di crescere ed espandersi. Andare fuori dall'Italia attraverso le parole, la lingua e il legame con l'originale, per tradurre, disattendere e poi ritrovare nel dialogo e nel confronto la grandezza del saper parlare di letteratura e vivere i propri demoni.
"Prometeo: Tutti avete una rupe, voi uomini. Per questo vi amavo. Ma gli dèi sono quelli che non sanno la rupe. Non sanno ridere né piangere. Sorridono davanti al destino. […] Ma ricòrdati sempre che i mostri non muoiono. Quello che muore è la paura che t'incutono. Così è degli dèi. Quando i mortali non ne avranno più paura, gli dèi spariranno".
— Dialoghi con Leucò, 1947