“Auch, ahi,” gemeva Achille Birzotti, “piano, faccia piano. Più a sinistra, ecco. Proceda dorsolateralmente. Così—ahi!”
Maria Lieti passeggiava sulla schiena del professor Birzotti come se nulla fosse, del tutto incurante di lamentele e istruzioni. La platea di De minimis osservava lo spettacolo rapita.
“Affascinante, davvero affascinante,” commentò estatico Edmund Lloyd. “Osservare dal vivo la pratica dello stomping ha un non so che,” ma non finì la frase.
“Per una volta mi devo dire d’accordo con Lloyd,” annunciò riluttante Kenneth Pacifico. Entrambi gli scienziati parlarono senza staccare gli occhi dal bizzarro spettacolo. Non era cosa di tutti giorni assistere a una donna di circa un metro e sessanta camminare, letteralmente, sopra un gigante del mondo universitario—accademicamente morto per le sue tesi involuzionistiche, ma pur sempre degno di rispetto.
Maria Lieti, nota al grande pubblico col suo nome d’arte, Lady Martens, si rivolse alla conduttrice senza interrompere la dimostrazione, “Di solito vado avanti così per circa venti minuti. Ad alcuni piace anche per più tempo, ma la media è questa. Come va prof?” Domandò al calpestato.
“Devo dire che—ahi!—sono stato meglio. Ma per la nostra neosindaca, questo e altro—auch, piano, piano,” la implorò.
In effetti, l’enfasi sulla dimostrazione aveva il suo perché. Elda Berliner ci teneva assolutamente ad avere in studio la prima sindaca millennial e sex worker, se non del mondo, quantomeno d’Italia. Il direttore di rete, Fabio Lambrosini, fece qualche capriccio: in prime time vanno bene le stramberie, ma se c’è di mezzo la sessualità… Tuttavia, incoraggiato dal braccio destro di Elda, il giornalista Pierangelo Pierozzi, finì con l’assecondare la donna. Quando mai ho sbagliato su queste cose, gongolò lei. E in effetti, la fata su stivali marciava sul professore e lo share non faceva che salire.
“Ma ci dica, Lady,” prese parola la conduttrice, “com’è cambiata la sua vita da quando è stata eletta? Già fu un successo la carica di consigliere comunale a Caprate, tre anni fa. Ora è Prima Cittadina di Sbucciate del Diavolo: una vera apoteosi!”
“Grazie prof,” la mistress scese dall’uomo, “torni al suo posto o dovrò farle tariffa piena.”
Le parole di Lady Martens suscitarono l’ilarità generale. Lo stesso Achille Birzotti, zoppicando giù dal palco, non riuscì a trattenere una risata sofferta.
Prima di rispondere alla domanda della conduttrice, Maria Lieti si aggiustò il vestito. Un petite robe noir, non troppo scollato, che le scendeva di poco sotto il ginocchio. Si riaccomodò sulla poltrona, tra Elda e il dottor Pacifico e, lentamente ma con vigore sensuale, rimosse i suoi scarponi da lavoro. Si sfilò anche i calzettoni bianchi e, per un attimo, i suoi piedini smaltati di rosso lampeggiarono davanti agli occhi della platea—le telecamere non persero neanche un fotogramma di quel passaggio fondamentale. Al posto delle Dr. Martens a cui doveva il suo nome d’arte, la mistress calzò delle deliziose pumps Miu Miu in vernice nera. Era pronta a riprendere l’intervista.
“Che dire Elda, la vita è cambiata in meglio. E non parlo solo di fatturato—ovviamente i soldi sono una bella cosa. È come se le mie due anime, quella della politica al fianco delle persone e quella della mistress sopra le persone,” aggiunse in una risatina, “finalmente possano coesistere.”
“Io e Lady Martens ci conosciamo da una vita,” spiegò la conduttrice, rivolta a nessuno in particolare. “Capisco bene quanto sia importante aver conseguito questo obiettivo. Una donna che si trova a ricoprire due ruoli così diversi, apparentemente incompatibili per la nostra società… È una bella soddisfazione far crollare in un solo colpo tanti pregiudizi.”
Il professor Ilario Bignardi, habitué di De minimis, fece un cenno. Durante lo scambio tra le due donne, la sua espressione si era fatta crucciata. Andava con gli occhi dalla mistress alla giornalista, ogni tanto guardava di sfuggita anche il pubblico in direzione del suo ex-mentore, il calpestato Birzotti.
Maria Lieti si accorse per prima della richiesta di attenzione, “Forse il professor Bignardi ha una domanda per me?”
“Ma prego, prego,” intervenne la Berliner, ricordandosi di non essere sola con la neosindaca. “Dica pure, professor Bignardi.”
“Mi dispiace interrompere l’idillio tra lei e la signora Lieti,” disse quello in tono falsamente affranto.
“Preferisco signora Martens,” lo interruppe subito l’altra. “Se proprio non vuole usare il mio nome d’arte.”
“Signora Martens, e sia,” replicò sarcastico il professore. “Vorrei chiederle, con tutto il rispetto per la carica di cui è stata appena investita: può mai essere compatibile guidare un comune col calpestare uomini paganti? Persone che soffrono visibilmente, troppo ingenue per accorgersi della loro stessa fragilità. Lo chiedo anche a voi che siete qui e a chi ci segue da casa: tutto ciò può essere contemplato in un Paese democratico?”
“Assolutamente sì,” non perse un attimo la mistress, “è contemplato proprio perché siamo in un Paese democratico. Se fossi un suddito della Federazione mi avrebbero messo un chip nel cervello e buona notte al secchio. Perché guai a offendere il gusto di personcine così per bene.”
Tra il pubblico, la maggioranza rideva del battibecco. Ma si annidava anche qualche ortodosso, qualche estimatore dei bei vecchi tempi in cui gli stivali servivano a calpestare i nemici—e non certo per procurargli un’erezione.
“Io sto con Bignardi,” urlò un individuo in terza fila.
Era senz’altro lui, l’avvocato Carlo Ortigia. Dall’alto dei suoi ottant’anni, di cui almeno cinquanta di stimato servizio giuridico, non mancava di far sentire la propria voce in trasmissione. Forse più quando era nella platea che quando sedeva al fianco della Berliner, a tenere banco col suo legalese d’epoca.
“Io la farei denunziare questa, questa,” esitò l’avvocato, incapace di qualificare la donna. “Signora non è, una signora non le fa certe porcherie. La farei denunziare per davvero e indagherei anche i suoi collaboratori. Chi permette un lavoro del genere, a fare soldi camminando—letteralmente camminando!—sulla povera gente, è imputabile di circonvenzione di incapaci. Peggio di chi vende il sangue dei santi e gli amuleti contro il malocchio, di gran lunga.”
“Ma avvocato Ortigia,” intervenne conciliante la conduttrice, “il mestiere di Lady Martens è riconosciuto ormai. Anche i siti per cui lavora lo sono, è tutto pulito. Possiamo discutere dello stigma delle parafilie e del sex work. I dottori Lloyd e—”
“Io me ne fotto!” La interruppe l’avvocato. “Paraidiozie, altro che. È gravissimo che in Italia ci sia un mercato del genere. Uomini che con l’internet cercano persone come questa zozzona per farsi calpestare con gli stivali. Uomini che cacciano quattrini,” si adirò sempre più.
La sfuriata di Carlo Ortigia infiammò il pubblico, suscitando risate, schiamazzi e urla di incitamento.
Sorprendentemente, Achille Birzotti, che poco prima si era prestato alla dimostrazione di Lady Martens, non prese parte alla difesa della sua stessa dignità. Non aveva appoggiato l’intervento di Bignardi, ma ciò era comprensibile. Tra allievo e maestro non correva più buon sangue per motivi accademici. Ma adesso era l’avvocato Ortigia a parlare: perché non lo supportava? Qualcuno che la sapeva lunga sussurrava malignamente che il vecchio Birzotti pensava ancora al carrarmato di quelle suole. Il dolore fisico e il clamore del dibattito non lo riguardavano.
“Se posso spezzare una lancia in favore della signora Martens,” si inserì gioviale il conscianalista, Edmund Lloyd, “il fatto di essere una rappresentante della pubblica amministrazione e, al contempo, una nota castigatrice, dimostra che i tempi sono cambiati. Caro avvocato, ho perso il conto dei pazienti che si sono rivolti a me a causa dei pregiudizi sulle paraidiozie, come le chiama lei. Persone che per timor di Dio e dell’uomo hanno scelto l’oscurità per godere di un piacere vissuto come peccaminoso e abominevole. Io invece guardo la dottoressa Maria Lieti—bella, intelligente, professionale—che calpesta un rispettabile vecchietto come il professor Birzotti. E mi viene da dire solo una cosa: evviva,” concluse nello stupore generale.
“Momento, momento,” intervenne Elda Berliner. Ormai aveva un sesto senso per l’imminente detonazione delle polemiche. E se non sempre era brava a disinnescarle, era di certo una maestra nel potenziarne la deflagrazione. “Avvocato Ortigia, professor Bignardi, un momento. Lasciamo che il dottor Lloyd finisca di spiegare. Qual è la posizione della conscianalisi al riguardo?”
“Quella che ho appena esposto.”
“Evviva?”
“Evviva. Precisamente.”
“Avvocato Ortigia, si calmi,” Elda poteva scorgere l’uomo sbraitare e dimenarsi in terza fila, indignato dalla provocazione di Lloyd. “Ora il dottore ci darà una motivazione scientifica al riguardo.”
“Scientifica, ma non pacifica,” rispose questi con una frecciata all’eterno rivale, il neuroalchimista Kenneth Pacifico. “Quella delle parafilie che menzionava prima,” tornò a dire alla conduttrice, “è una storia che comincia lontano, addirittura con la genesi della disciplina conscianalitica. Prima si parlava di mète pulsionali deviate. Per anni, chi si eccitava sessualmente in modi non convenzionali—anche solo guardando gli stivaloni della nostra ospite—veniva considerato uno svitato, uno spostato, un perverso, un maniaco, un indemoniato, un pornografico, la schiuma, il fango, la feccia.”
“Ha reso l’idea. Continui,” lo incalzò la Berliner. La tensione aumentava di minuto in minuto, ma bisognava stringere. Il segreto di un botto coi fiocchi sta nella rapidità della decompressione, ripassò mentalmente la donna.
“Questi miserabili,” riprese l’altro, “dovevano trovare un modo di amare soddisfacente, senza esporsi a quello che in gergo chiamiamo Indice-cattivo. Un giudizio moralizzante, derivato dall’interiorizzazione del Tiranno.”
“Io so bene di che si tratta, dottor Lloyd. Ma potrebbe spiegare ai non addetti ai lavori cos’è il Tiranno?”
“Naturalmente. Il Tiranno non è altro che un sistema di valori, prima familiari e poi socioculturali, che l’individuo abbraccia come il proprio personale codice di condotta. Sarebbe il legislatore dell’Io-Lui/Lei di ciascuno di noi.”
“Quindi i comportamenti deviati, cioè parafilici,” si corresse la donna, “sono un esempio di Sesso-liberazione. Dico bene, dottore?”
“Cara Elda, vedo che ha fatto i compiti a casa, molto bene,” si compiacque Edmund Lloyd. “Proprio così: una giovane donna che calpesta uomini consenzienti—il consenso è fondamentale—è assolutamente, magnificamente, inequivocabilmente Sesso-liberazione. Perché la tensione emotiva di questi uomini è così forte da necessitare dolore fisico e mentale, pur di essere alleviata.”
Ma la tensione in sala non era per nulla diminuita con la digressione conscianalitica. È iniziato il conto alla rovescia, esultò la Berliner.
“Basta, basta così,” sbottò Ilario Bignardi. “L’avvocato Ortigia ha lasciato la sala dopo trenta secondi di queste fesserie. Finiamola con le giustificazioni pseudo-scientifiche. Stasera abbiamo assistito a una pratica barbara. Quelle del dottore sono solo fandonie. Ma alla sua età non le è rimasto un briciolo di dignità? Me ne vado anch’io,” e si alzò dalla poltrona.
A meraviglia, pensò Elda.
“Professore, non faccia così,” disse poi, “apriamo un dibattito, non se ne vada.”
“Non vorrà mica lasciarmi da solo con lo stregone,” cercò di convincerlo anche il dottor Pacifico.
Ilario Bignardi se ne stava in piedi, incerto se mettere in atto la propria minaccia. Guardò prima la presentatrice, poi Kenneth Pacifico. Infine, rivolse uno sguardo carico di riprovazione a Lady Martens e a Edmund Lloyd. Questi aveva assunto la sua provocatoria posa del loto sulla poltrona. Il chimono verde smeraldo e il papillon blu cobalto—entrambi rigorosamente Hermès—lo facevano somigliare a un rettile esotico in assetto da combattimento. Immobile e vigile, pronto a colpire.
“Un attimo di attenzione!”
L’intervento inatteso di Pierangelo Pierozzi sciolse lo stallo alla messicana.
Non usciva mai dalla sala di regìa. Il suo ruolo era fin troppo importante per la rete, forse anche più della stessa conduzione della Berliner. Nel suo essere mediatore tra la mente dei piani alti e il braccio della conduttrice, Pierangelo si ritrovava spesso a impartire istruzioni segrete a Elda, perfino durante la diretta. Vederlo uscire allo scoperto, in prima linea, era una vera rarità.
“Chiedo scusa agli ospiti e al pubblico per il fuori programma,” poi porse un foglio alla collega e le sussurrò, “vuole che leggi questo.”
Era una nota scritta a mano, un appunto dell’ultimo minuto nella disordinata calligrafia del giornalista. Gli occhi attenti di Elda saettavano da una parola all’altra, una riga dopo l’altra, coprendo in un lampo l’intero foglio. Lo lesse tutto, lo rilesse. Ne esaminò il contenuto come se fosse un messaggio cifrato. La perplessità della donna contagiò a poco a poco gli studi di De minimis. Si sparse come un gas stordente che viaggiava di viso in viso, lasciando una scia di bocche appese e occhi sgranati. Anche i telespettatori se ne stavano incollati alla TV col fiato sospeso.
“Forza, a schiena dritta,” incalzò la voce del direttore nell’auricolare della conduttrice. Fabio Lambrosini se ne stava in piedi davanti al maxischermo della sala di controllo al nono piano. Fissava Elda Berliner con intensità.
Qualche secondo carico di pathos e, finalmente, la donna si decise. Tese il foglio con entrambe le mani, si schiarì la gola e annunciò, “Alle ore quattro e cinquantasei del mattino italiane, le truppe azerjiane della Federazione dei Quattro Regni Riunificati hanno occupato lo stabilimento Eklon a sud di Kazgrad. Alle dodici in punto, per ragioni ancora sconosciute, il reattore dello stabilimento è entrato in funzione. Il Generale Ohm e le unità della Quarta Divisione che in quel momento presidiavano—”
La voce le morì in gola.
Le sembrava tutto surreale. Dall’inizio delle ostilità, quello era il primo evento catastrofico—e inspiegabile—che si abbatteva sul fronte ai danni degli invasori. Eppure, le fonti erano attendibili: stava leggendo un vero bollettino di guerra, con veri morti e veri orrori che avrebbero gettato un’ombra sinistra sui giorni a venire.
Si fece coraggio e, con un ultimo sforzo, concluse, “Il Generale Ohm e le unità della Quarta Divisione che in quel momento presidiavano l’impianto, non esistono più. Sono state disintegrate a livello subatomico, ridotte in quark, polverizzate. Le previsioni dell’aeronautica prevedono che l’anticiclone russo-siberiano porterà piogge contaminanti nelle regioni italiane del centro-nord. A causa della natura sconosciuta della radiazione Eklon, si raccomanda di non uscire durante le precipitazioni. Fine del comunicato.”