De minimis è un talk show italiano ricco di sorprese.
Il direttore di rete, Fabio Lambrosini, ha affidato la sua conduzione a due figure di spicco del panorama mediatico: la dottoressa in giornalismo e storica conduttrice televisiva Elda Berliner e il suo braccio destro, Pierangelo Pierozzi, ex-direttore della testata Vox Ver—la più dissacrante e satirica letta dai boomer.
Per la tavola rotonda di questa frizzante stagione di De minimis, Elda, sotto consiglio del suo fidato Pierangelo, ha reclutato tre ospiti fissi che la accompagneranno nel corso degli episodi: il professore Ilario Bignardi, stimato accademico e amico personale del direttore Lambrosini; il dottor Kenneth Pacifico, massimo esponente della nuova frontiera nel campo della psiche, la neuro-alchimia; e il suo eterno rivale, il dottor Edmund Lloyd, il paladino di una scienza quasi estinta, la Conscianalisi.
Accanto a questi habitué, appariranno sul palco di De minimis delle figure più o meno note che faranno presto parlare di sé: il rappresentante regionale delle Giubbe di Giobbe, conosciuto come il Martire; la nuova sindaca di Sbucciate del Diavolo e mistress Maria Lieti, nota come Lady Martens; l’astrofisico e ricercatore indipendente Mauro Triglino, con la sua recentissima reinterpretazione della Bibbia; il giovane Aldo Matteo Figanò, del movimento di protesta giovanile degli Stendisti; l’avvocatessa e politica Margherita Pastrella, conosciuta anche come Enola Straight; e tanti altri personaggi di questo grande spettacolo mediatico che punta dritto alla pancia della nazione.
Sulla falsariga dei programmi che fanno dell'opinionista una disciplina olimpionica, De minimis scimmiotta questioni attuali o sempreverdi in un clima di dialogo che affronta con leggerezza anche tematiche serie. E lo fa prestando fede al proprio motto.
De minimis: dove la notizia siete VOI.
«E siamo di nuovo in onda», proclamò Elda Berliner, la conduttrice di De minimis.
L’atmosfera negli studi di Via dello Statale era carica di elettricità. Un folto gruppo di Giubbe di Giobbe presidiava l’ingresso al piano terra. Alcuni congiubbati — come si chiamavano tra loro — sedevano tra il pubblico al terzo piano. Uno di loro, invece, occupava un posto d’onore nella tavola rotonda della Berliner. Era il Martire, il famigerato rappresentante della divisione laziale delle Giubbe. Insieme a lui c’erano altri tre personaggi, tre ospiti fissi della frizzante stagione del talk più seguito d’Italia.
«È qui con noi oggi una personalità d’eccezione», la conduttrice riprese i convenevoli. «Ad affiancare il dottor Pacifico, il dottor Lloyd e il professor Bignardi, qui accanto a me abbiamo un grande protagonista della cronaca. Per chi si fosse sintonizzato solo ora, sto parlando del rappresentante regionale del movimento delle Giubbe di Giobbe. Facciamo un grande applauso per il Martire».
Anche dai piedi dell’edificio, dove il manipolo di fanatici assisteva alla diretta, si levò un roboante saluto d’accoglienza. Un baccano a base di urla bestiali, fischi, fracasso di Peroni e, in minor misura, semplici applausi. Sembra di stare a Kazgrad, pensò la Berliner, immaginando il teatro bellico dell’Ameria, l’altra grande protagonista di quei giorni turbolenti.
«Salve a tutti», ringhiò il Martire.
Con i suoi cento chili di muscoli, la carnagione scura e la divisa da congiubbato — gilet e pantaloni alla zuava grigioverdi, Dr. Martens nere e il caratteristico copricapo con la nuca scoperta — il Martire incuteva un certo timore. Anche la coda di cavallo, fatta sapientemente passare attraverso il foro nel berretto, accentuava la sensazione di avere dinanzi un animale selvatico più che una persona. Perché non si facesse chiamare il Centauro invece del Martire resta un mistero.
«Allora, come si sente a essere qui, a parlare a milioni di italiani dalla rete più seguita del Paese?»
«Bene», rispose laconico il Martire.
«Bene, bene, bene», la Berliner sembrava incantata. Non era la prima volta che ospitava un energumeno del genere nella sua trasmissione. Ma sedere vicino al probabile massacratore di Malagrotta non era facile. Spero che Pierangelo abbia pronto il curaro, pregò la donna con ironia.
Il dottore in giornalismo Pierangelo Pierozzi era il braccio destro di Elda Berliner. Un uomo alto, fin troppo magro, non proprio il ritratto della salute. Ma i suoi modi distinti e la capacità di produrre dal fango della cronaca dei veri e propri capolavori mediatici, lo rendevano un collaboratore irrinunciabile. E anche la sua precedente esperienza come direttore della testata Vox Ver — la più dissacrante, satirica e letta dai boomer — non era certo una risorsa da disdegnare.
«Ma prof. Bignardi, ci dia un parere», Elda uscì con uno scatto felino dall’impasse in cui l’aveva costretta il silenzio della star della serata. «Che ne pensa di questa violenta protesta delle Giubbe?»
Ilario Bignardi era un habitué lì a De minimis. Onorato accademico, era un amico personale dell’arcinoto direttore di rete, Fabio Lambrosini. I due giocavano a squash fin dai tempi del liceo e negli anni erano rimasti molto legati. Spesso li chiamavano Stanlio e Ollio, ma solo per la pancia rotonda del professore — unico elemento comico del duo, famoso invece per l’irascibilità e, soprattutto, la spocchia.
«Violenta», l’uomo strascicò stancamente la parola. «Mi sembrano soltanto dei rispettabili signori che cercano di comunicare un messaggio. Evidentemente, ai piani alti non stanno facendo bene il loro lavoro. È giusto che qualcuno si faccia sentire».
«Quindi lei sta con le Giubbe», lo incalzò la Berliner.
«Per favore Elda, non cominci a mettermi le parole in bocca. Siamo appena tornati dal primo spazio pubblicitario, è ancora presto».
Un’ilarità di circostanza pervase la sala. Anche i due dottori sul palco accennarono un sorriso. Il Martire invece non mutò la sua espressione. Rimase serio e impassibile, chiuso in un mondo tutto suo.
«Ho detto che è comprensibile che la pancia della nazione inizi a brontolare. La rivolta dei cinghiali è solo l’ultimo sintomo di una lunga serie di strafalcioni», il professore lanciò uno sguardo al pubblico. Forse aveva riconosciuto qualcuno, forse voleva solo creare suspense.
«E poi c’è il fattaccio di Malagrotta».
In sala si sollevò un mormorio. Le Giubbe in platea, leggermente isolate rispetto agli altri astanti, si fecero scure in viso. Non si capiva se per loro, ma il mormorio si tramutò a poco a poco in una specie di ringhio sordo. I seguaci del Martire scoprivano i denti quando sentivano minacciata la reputazione del loro leader.
Un brivido corse lungo la schiena di Elda Berliner che, per smorzare la tensione, disse «E invece qual è il parere dei nostri scienziati? Prima lei dott. Pacifico».
Kenneth Pacifico era il massimo esponente della neuro-alchimia, la nuova frontiera nel campo dello psichico. La scienza di cui si faceva portavoce rappresentava l’integrazione e il superamento di tutte le discipline che costellavano il vasto universo Psi: psicologia, psichiatria, psicoterapia, psicopatologia, psicoanalisi, psicologia analitica — ma anche neurologia, sociologia, antropologia. Per questo, Pacifico era da molti considerato un vero e proprio messia. Colui che avrebbe ricondotto definitivamente la psiche nell’alveo della vera scienza. Colui che avrebbe realizzato il Progetto di una psicologia di Sigmund Freud. Per altri, all’opposto, era il cavaliere dell’Apocalisse per la scienza dell’anima: il becchino predestinato ad apporre la pietra tombale sul discorso della psiche.
«Io trovo che il qui presente signor Martire sia molto simpatico», cominciò affabile il neuro-alchimista. «Meno simpatica è questa idea delle Giubbe di dover spaccare tutto per farsi sentire. Il dottor Lloyd—anche se di un’altra parrocchia—potrà concordare con me che ci sono modi più efficaci di ottenere un cambiamento», guardò il collega e rivale con finta riverenza. Nei suoi occhi azzurri balenò un lampo di sfida. Era risaputo che tra i due non corresse buon sangue. Anzi, si può affermare senza sbagliare di molto che si odiassero a morte. Per Kenneth Pacifico, Edmund Lloyd era solo un ciarlatano. Niente di più.
«Tuttavia, da un punto di vista strettamente scientifico, posso dire — mi ricollego all’intervento di Ilario— che le Giubbe di Giobbe stanno lanciando un disperato grido di aiuto. Un gruppo di uomini e donne che scende in strada a portare devastazione per la guerra, la crisi climatica — anche per i cinghiali, perché no — rappresenta chiaramente il fallimento dello Stato di diritto. Un fallimento che si sarebbe potuto evitare con un gesto di cura semplice, basilare. Ovvero fornire più Serosorrisina, proprio così. Lei ha mai provato il mio metodo, signor Martire? Il metodo scientifico del dottor Pacifico», cantilenò l’esperto.
«Mai sentito», rispose il congiubbato senza battere ciglio.
È come toccare un cetriolo di mare con un bastone, pensò il neuro-alchimista davanti all’indifferenza dell’altro. Poi aggiunse, «Sarò di parte, ma mi permetto di consigliarglielo. Abbiamo aperto di recente un nuovissimo Antipsyking Center proprio qui in centro. In pochi turni da venti minuti potremmo trattare tutto il suo gruppo. E le dirò di più», si rivolse alla platea, «dato che si tratta di ordine pubblico e civiltà, in accordo con la Lega Nazionale di Neuro-alchimia, voglio garantire questo trattamento all’avanguardia in completa gratuità. A lei e a tutte le Giubbe di Giobbe sul territorio».
Kenneth Pacifico si godeva i suoi applausi facili. Il ringhio silenzioso dei fanatici in sala era soffocato dall’entusiasmo di chi stravedeva per il dottore. Grazie tante bestione, la tua stupida causa mi darà l’occasione di sotterrare la conscianalisi una volta per tutte, si disse l’uomo trionfante.
«Con questa offerta è prevista anche l’installazione di un Personal Noodle corticale?», Edmund Lloyd intervenne a gamba tesa, guastando la festa all’avversario gongolante. «Oppure per quello è necessario inviare un bonifico al Tetragrammatron in persona?»
Qualche risata sovrastò gli applausi destinati al dottor Pacifico. Il conscianalista scrutava il collega con un sorrisetto malizioso. Il che rendeva ancora più comica la seria accusa di filo-tetrismo, così sentita in quei giorni d’invasione.
«Suvvia dottor Lloyd», provò a mediare la Berliner, «qui siamo tra amici, perché bisogna trascendere così».
«Non mi sembra ci sia nulla di amichevole nel sedare una rivolta con una doccia di neuro-trasmettitori. Questi sono metodi da Azerjian, non da democrazie occidentali», rise il conscianalista. «E non c’è nulla di amichevole nemmeno nello sradicare sanpietrini e pali stradali per fiancheggiare il partito dei cinghiali», disse rivolto al Martire.
Edmund Lloyd non aveva peli sulla lingua. Godeva della libertà di espressione di chi non aveva più nulla da perdere. In qualità di conscianalista, era ritenuto l’ultimo re di una dinastia prossima a scomparire. Il paladino di una scienza in via di estinzione, di cui rimanevano davvero ben pochi esponenti dotati del suo stesso carisma. Il suo fisico, il portamento, il modo di vestire: tutto di lui era anacronistico, al pari della disciplina che rappresentava. Basso, minuto, con una lunga barba bianca e nemmeno l’ombra di un capello. Avvolto nel suo chimono Hermès acquamarina, sembrava un santone orientale scappato da un manicomio degli anni ’50. La piccola montatura nera, infine, rappresentava il suo legame coi maestri del passato.
«Uhm», grugnì il gran congiubbato. Non si capiva se per disapprovazione, rabbia o semplice indifferenza.
«Il dottor Lloyd», intervenne Bignardi, «mi sembra essere l’unico a non comportarsi in modo amichevole. Guardate, guardate quanta compostezza in quest’uomo», indicò il Martire alla platea. «Sono quegli altri il vero problema. Ai piani alti se ne fregano della povera gente. Quindi vi dico che le Giubbe fanno bene a fregarsene delle loro strade, delle loro discariche e del loro Paese».
Un coro di approvazione esplose nella curva delle Giubbe.
«Io dico», il professore continuò la sua sviolinata, «che loro se ne sono fregati anche di Malagrotta, questa è la verità. Quanti erano? Venti, ventitré? Ventitré cinghiali sgozzati», batté il pugno sul bracciolo della poltrona. «Ventitré povere bestie scannate come», esitò.
«Come maiali», lo sovrastò il dottor Lloyd. «Probabilmente dall’individuo che siede accanto a lei».
I congiubbati ulularono per la rabbia. Ma il Martire non cambiò minimamente la sua espressione. Restò imperturbabile come un budda.
«Tutto questo è inaccettabile, inaccettabile», Kenneth Pacifico colse la palla al balzo. «Elda, mandi via questo calunniatore. Guardi come sta trattando questo signore. Via, via, per carità di Dio».
«Ma stia zitto, pillolaro di un pillolaro», lo aggredì il conscianalista. «L’unico che sta mancando di rispetto alle Giubbe e al signore qui presente è lei. Piuttosto che comprendere le loro azioni si precipita a offrire il suo sciacqua-cervello a base di serotonina. E lei», si rivolse al professor Bignardi, «lei è solo un populista. Un vorrei ma non posso che farebbe di tutto pur di ottenere un po’ di notorietà».
Pronunciate le sue contro-invettive, Edmund Lloyd assunse una provocatoria posa del loto sulla poltrona e puntò l’indice destro verso l’alto, mostrandolo ai suoi interlocutori in una sorta di caricatura del classico dito medio.
Intanto la conduttrice viveva il dilemma che accompagnava ogni scontro acceso. Tiriamo il freno o lasciamo correre un altro po’, si domandava, Cosa vorrà il dio al nono piano?
Come se le avesse letto nel pensiero, Pierangelo Pierozzi le parlò in cuffia da dietro le quinte, «Il direttore ne vuole ancora. Dice di fermarci solo quando arrivano alle mani».
Così sia, fino alle mani.
«Signor Martire», urlò la conduttrice, cogliendo i litiganti alla sprovvista. Questi tacquero di colpo, così come cessò il vociare confuso del pubblico. Perfino i congiubbati ai piedi dell’edificio smisero di ululare.
«Signor Martire, qui tutti parlano della disgraziata faccenda di Malagrotta. Ma quello che voglio sapere, quello che milioni di telespettatori vogliono sapere, è una cosa e una cosa soltanto», in platea il silenzio era assoluto. Anche gli altri tre ospiti stavano col fiato sospeso.
«Ce lo dica, Martire, ci dia una risposta secca, franca. Le chiederò solo questo e se non vorrà rispondere, amici come prima. Ma non si lasci intimidire da questi signori, né dalla platea», la voce della Berliner si fece sempre più incoraggiante.
«Ce lo dica, Martire: Giuseppe Trighiande, conosciuto anche come Peppetrì, il capo politico di Ungulati Uguali, è ancora vivo?»
Alcuni tra il pubblico si affrettarono a lasciare la sala. Giustamente i congiubbati se la danno a gambe, pensò la conduttrice, Ma questi altri? Notò degli uomini in furtivo avvicinamento al palco. Agenti in borghese, realizzò Elda, Davvero credono che questo scimmione confesserà un crimine in diretta nazionale?
I secondi duravano un’eternità.
Quando finalmente il gran congiubbato si decise a parlare, “Non lo faccia,” gli gridò Elda Berliner.
Tutti restarono a bocca aperta.
«Non adesso. Ci prendiamo cinque minuti di pausa pubblicitaria e torniamo subito con la risposta del Martire. Continuate a guardare per non perdere neanche un secondo di questa sensazionale puntata di De minimis: l’unico programma che fa notizia».