Il servizio civile alla Casa delle Donne di Bologna: perché e come approcciarsi a questa realtà

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La Casa delle Donne di Bologna ogni anno offre la possibilità di entrare in contatto con la loro realtà attraverso il servizio civile. Grazie a questa iniziativa, molte ragazze hanno la possibilità non solo di approfondire tematiche importanti riguardanti la condizione femminile e la lotta contro la violenza sulle donne, ma anche di poter imparare a livello pratico cosa vuol dire essere parte di un centro antiviolenza. 

La realtà della Casa delle Donne è ricca e sfaccettata, il lavoro, l’impegno e la dedizione sono elementi essenziali per mandare avanti l’esistenza di un’attività come questa che, ancora oggi, è purtroppo fondamentale per tantissime donne in cerca di un rifugio, di un posto in cui essere ascoltate o un punto da cui partire per riprendere in mano le proprie vite. 

Per sapere di più su questa preziosa realtà ho intervistato Marica Marenna, studentessa in Discipline della Musica e dello Spettacolo all’università di Bologna, che ci ha raccontato della sua esperienza col servizio civile nella Casa delle Donne

Per iniziare ti chiederei cosa ti ha spinto a candidarti per il servizio civile e a scegliere, nello specifico, la Casa delle Donne

Penso che la mia candidatura sia dipesa molto dal periodo che stavo vivendo e da ciò di cui avevo bisogno in quel momento. Frequentavo l’università, come adesso, ma avevo voglia di fare qualcosa di più pratico, al di là del mio percorso di studi e, inoltre, avevo necessità di avere un minimo di indipendenza economica. Il progetto della casa Casa delle Donne, tra quelli che ho preso in considerazione, mi sembrava quello più adatto a me, in quanto mi sentivo già vicina a determinate tematiche. Qui a Bologna avevo già partecipato a varie iniziative e collettivi, ma sentivo il bisogno di avere delle competenze pratiche e reali, di capire come funzionasse il mondo dei centri antiviolenza, al di là delle teorie e della lotta. Era importante per me comprendere come, quotidianamente, si aiutassero le donne in difficoltà. Quindi sì, è stata una scelta dovuta sia da una necessità personale che da un bisogno di approfondire il funzionamento di una realtà come questa


Cosa puoi dirmi del processo di selezione? Come si viene scelti? 

Il primo passo ovviamente è la candidatura attraverso il sito del servizio civile. Dopo di che, vengono svolti dei colloqui da parte delle collaboratrici e viene poi stilata una graduatoria. Tutto dipende molto da quanti posti vengono messi a disposizione ogni anno. Nel mio caso, c’erano dieci posti disponibili. Molto spesso, però, capita che in diversi momenti dell’anno ci sianopersone che si ritirano per motivi personali o altro, di conseguenza vengono fatti dei subentri o semplicemente si riduce il numero di persone. Ad esempio, nel mio anno, alla fine siamo rimaste in sei.

 Che tipo di formazione hai ricevuto una volta entrata?

Viene fatta una formazione generale sui vari settori a tutte le ragazze che entrano a far parte del servizio civile. Siamo state formate riguardo l’accoglienza, quindi sul tipo di ospitalità che la Casa delle Donne offre, ma anche sull’aspetto più legale: ci sono varie avvocate che collaborano con la Casa per fornire una formazione anche da quel punto di vista, riguardo gli strumenti che vengono messi a disposizione alle donne per liberarsi dalla violenza subita. Ci sono anche psicologhe e persone che aiutano le donne in difficoltà ad orientarsi nel mondo del lavoro e progetti dedicati alle vittime di sfruttamento o tratta. La formazione riguarda, in sintesi, una conoscenza completa del fenomeno della violenza e di tutti i settori della Casa delle Donne. Dopo la formazione, ogni ragazza viene inserita in un settore diverso. L’aspetto fondamentale che viene insegnato è, come ho già detto, la metodologia e l’approccio che si deve avere in un contesto del genere.

La scelta del settore è una scelta libera? Tu personalmente in che settore sei rientrata e che ruoli hai svolto?

Tutte le ragazze comunicano la loro preferenza riguardo il settore in cui vorrebbero operare e le collaboratrici tentano sempre di assecondare queste preferenze, visto che ovviamente spesso sono in linea con le propensioni, interessi o studi della persona. A volte può succedere che ci siano troppe richieste per un settore specifico e quindi si cerca di smistare le ragazze in base alle competenze o alle esperienze già avute. Io personalmente sono rientrata nel settore della promozione della comunicazione, perché studio Discipline della Musica e dello Spettacolo all’università e mi occupo di spettacoli dal vivo; avevo, quindi, già una propensione all’organizzazione di eventi. Mi sono proposta per quel settore proprio perché per me era la cosa più naturale da fare. 

Ogni anno la Casa delle Donne organizza il Festival della Violenza Illustrata e i primi compiti che ho svolto sono stati proprio in relazione a questo festival. Ho collaborato alla sua organizzazione, a creare il concept dell’evento e la locandina, ho assistito le operatrici e cercato luoghi dove svolgere gli eventi. Inoltre, nel settore della comunicazione i compiti sono molteplici, in quanto ci si occupa del rapporto tra la Casa delle Donne e l’esterno. È quindi fondamentale anche la comunicazione che avviene attraverso i social con la newsletter, la scrittura di post e l’upload di immagini, così come la promozione delle varie donazioni. È stato necessario capire fino in fondo l’idea che la Casa delle Donne ha della comunicazione e il loro modo di raccontare la loro realtà. 

Un altro progetto importante è stato quello relativo alla piattaforma “Comecitrovi”, che consiste in una mappatura di tutti i centri antiviolenza presenti in Italia. Quest’anno è stata ri-aggiornata e il mio settore si è occupato anche di questo: fare in modo che ci fosse una mappatura accurata per aiutare le donne in difficoltà a trovare un centro che possa aiutarle.

Basandoti sulla tua esperienza, hai avuto delle difficoltà nel conciliare un impegno come questo con lo studio? Hai qualche critica da fare rispetto alla quantità di lavoro svolto e l’aspetto economico dell’esperienza?

Conciliare il tutto con l’università è stato senz’altro difficile. È complicato svolgere 5 ore di lavoro al giorno, dal lunedì al venerdì, uscire da quel luogo e dedicarsi allo studio. Per me personalmente, la Casa delle Donne è un luogo che riempie di tutta una serie di informazioni e storie che poi ti porti inevitabilmente dentro, anche una volta finite le ore lavorative. È stato un aspetto complicato, perciò, come dicevo prima, la scelta di iniziare un servizio civile — e in maniera più specifica nella Casa —  deve dipendere molto dal periodo che si sta vivendo e da quello che si cerca. Dal punto di vista economico, ovviamente la paga ricevuta non è adatta alla quantità di lavoro svolto. Se si sceglie di collaborare ad una realtà come questa, bisogna essere focalizzati sul ritorno formativo e umano, piuttosto che su quello economico. Penso sia fondamentale capire di che tipo di esperienza si è alla ricerca: se si considera l’aspetto economico quello più importante, allora ci sono tante altre cose che si possono fare che, da quel punto di vista, possono darti di più ; se invece si è appassionati riguardo certe tematiche e si sente la necessità di collaborare in questo tipo di realtà, al di là delle sue criticità, è un’esperienza che consiglio. 

Cosa ti ha lasciato in particolare questa esperienza?

Tantissime cose, sia dal punto di vista lavorativo che umano. Per quanto riguarda l’aspetto lavorativo, personalmente non mi era ancora mai capitato di lavorare in un posto con tante persone diverse che si occupano di tanti aspetti diversi, formando una sorta di squadra. Mi ha insegnato molto su come si sta su un luogo di lavoro e molto a livello pratico. Dal punto di vista umano, sicuramente ora ho una visione nuova di questo tipo di realtà e anche della sua complessità, delle sue sfaccettature. Sicuramente sono uscita dalla Casa delle Donne completamente diversa da come sono entrata ed è un’esperienza che mi rimarrà dentro sempre.