La canzone di Achille narra la guerra di Troia e tutti gli avvenimenti che hanno condotto Achille a combattere contro Ettore e a segnare così il suo destino. Attraverso gli occhi di Patroclo, che è il compagno d’armi di Achille, legato a lui da un giuramento di sangue e amore, vediamo la vita dell’eroe prima di essere il Pelide, il Pastore di eserciti, o meglio, prima che egli ne prenda atto. Madeline Miller si spinge dove i nostri professori del liceo non si sono mai spinti: narra dell’innamoramento dei due e di come la loro unione abbia significato l’esito della guerra. Il loro sentimento sboccia lentamente e inesorabilmente, eppure, l’intensità con cui è caratterizzato rende la lettura appassionante, curiosa e ci permette di vedere quei poemi che ci sono stati insegnati a scuola sotto luci tutte nuove, tanto da farci innamorare ancora e ancora. Gli eventi che la scrittrice ci narra sono ripresi da miti e poemi vari, che riesce sapientemente ad incastrare come tasselli, ricostruendo la vita di Achille: riprende, ad esempio, l’Achilleide del poeta latino Stazio, che ci narra dell’addestramento del Divino con Chirone e del suo travestimento da donna sull’isola di Sciro, voluto dalla madre Teti per proteggerlo dalla guerra. La Miller, poi, non manca di parlare del celebre e brutale sacrificio della figlia di Agamennone, Ifigenia, e della guerra di Troia, ovviamente, che padroneggia gli ultimi capitoli del libro. Ogni avvenimento descritto si avvicina all’originale: l’autrice non si distacca mai più di tanto dal testo tradizionale, se non per romanzare qualche avvenimento e adattarlo alla sua versione. Un fattore fondamentale che cambia ogni cosa è che è il lettore a vedere e vivere gli eventi come li vede e li vive Patroclo. Tutto è visto attraverso i suoi occhi, anche episodi in cui, nella tradizione, Patroclo non viene nemmeno nominato. Le vicende perciò non sono più conosciute attraverso le parole di un aedo, una persona distaccata e fuori contesto, ma attraverso il punto di vista di un uomo innamorato, coraggioso e leale, che vive sulla sua pelle ogni cosa. Achille travestito da donna sull’isola di Sciro, che giace con Deidamia, non è più dunque solo il passaggio finale della formazione dell’eroe in uomo, ma un vero e proprio tradimento carnale e il sacrificio di Ifigenia non è solo un sacrificio, ma è il turbamento di due ragazzi costretti a crescere troppo in fretta, in grado di calmarsi e capirsi solo l’uno con l’altro. Il lettore, così, assieme a Patroclo, fin dalle prime pagine, si innamora a prima vista di Achille, inconsapevolmente, seguendolo poi nell’addestramento e vedendolo diventare l’Achille che noi tutti abbiamo studiato. L’Achille di cui Patroclo si innamora e che conosce non è un Achille che si fa prendere dall’ira, dalla rabbia ma, anzi, è un ragazzo — per non dire bambino — caratterizzato da un’ingenuità dolcissima, dovuta alla sua vita fino ad allora priva di negazioni e obblighi. Il Pelide ha tutte le doti che noi conosciamo: la sua forza, la sua bellezza, che ci colpisce intensamente attraverso le parole della Miller e, soprattutto, la sua velocità. Tuttavia, è ancora un ragazzo più che un eroe. Inizialmente, infatti, sono più le volte in cui sorride dolcemente e gioca a fare il giocoliere che quelle in cui combatte. Tra tutti i ragazzi che giungono a Ftia, il bellissimo semidio sceglie Patroclo, descritto esattamente come l’antitesi di Achille: goffo, magrolino, fragile, non tanto bello ma che, nell’arco del testo, si rivoluziona, rivelandosi come uno dei gli Achei più coraggiosi, empatici e buoni.
Bisogna ammettere che è un libro che va giudicato una volta finito perché, nonostante scorra molto velocemente e sia appassionante — soprattutto per chi è innamorato dell’amore —, per coloro che sono fortemente legati all’immagine del Pelide, distaccato e irato, la prima parte del libro, che è quella della giovinezza, potrebbe lasciare sconcertati. Come come già detto, infatti, Achille non è l’eroe che conosciamo e lo diventerà solo verso gli ultimi capitoli. Nonostante questo è garantito che, dopo aver storto il naso per via del grande distacco caratteriale del personaggio, visto da sempre in un unico modo, quando nei capitoli successivi la sua figura emerge, la sofferenza è enorme. Si soffre insieme a Patroclo proprio per questo, perché sia lui che il lettore hanno imparato ad amare quell’Achille dolce e ingenuo, sempre pronto a fare un passo indietro. Vederlo cresciuto, ormai uomo, tanto arrabbiato da essere disposto a non combattere e a far così uccidere gli Achei, che senza di lui non avrebbero potuto vincere, colpisce dritto al cuore. Esattamente come colpisce dritto al cuore Patroclo, che continua ad amare il suo compagno ma non abbandona l’idea che, sotto l’Achille ormai cresciuto, ci sia ancora quel ragazzo di una volta. Patroclo sembra essere l’unica eccezione per il semidio, l’unico per cui mettere da parte l’orgoglio o quanto meno scendere a compromessi: è così che Achille si fa convincere a lasciar andare in combattimento Patroclo al posto suo, con la sua armatura, pensando che i Troiani si sarebbero spaventati solo a vederlo. Ognuno di noi conosce la storia: sappiamo che Ettore uccide Patroclo e che Achille ucciderà Ettore per vendicarsi della morte del suo amato. Malgrado si speri questo non succeda mai, purtroppo la storia va come deve andare e Madeline Miller riesce ad esprimere con le sue parole, nell’arco di tutto il romanzo, quello che nell’Iliade è solo accennato o va, piuttosto, interpretato nelle lacrime dell’eroe greco, il quale piange per la morte del suo fedele compagno. Dopo la morte di Patroclo è sempre lui a parlare, a vedere le scene che succedono la sua morte: questa volta dall’alto. Il finale è una nota dolce dopo gli ultimi capitoli strazianti.
L’omosessualità così marcata, rispetto a come è descritta nell’Iliade, può creare interrogativi su diversi fattori. C’è chi si è domandato se Achille fosse proprio gay o se, invece, fosse semplicemente un greco del tempo, con amanti sia donne che uomini. Ci si può chiedere se non sia una forzatura che, nel libro della Miller, il nostro semidio sia totalmente omossessuale, fatto evidente sia per la sua infelicità nel rapporto con Deidamia, che non era Patroclo, sia nel suo non sfiorare mai una donna, neanche con il pensiero, neppure Breseide, la schiava che nell’Iliade è la ragione per cui il Pelide smette di combattere con gli Achei. L’ipotesi che l’eroe non abbia mai avuto occhi per nessuna donna perché troppo presi da quelli di Patroclo, il suo unico vero amore, rimane.
Nonostante questo, è salda la convinzione di aver fatto finalmente dei passi avanti rispetto a come l’Iliade è stata fino adesso raccontata, omettendo del tutto il rapporto tra il principe e il Therapon, caratterizzato da un affetto fisico ed emotivo che, nelle scuole o anche semplicemente nelle pellicole cinematografiche, viene ignorato il più delle volte. Un semplice modo di vivere, assolutamente nella norma dell’antica Grecia (come l’affetto che vi era tra insegnante e apprendista), viene completamente seppellito. Basti pensare al film “Troy”, di W. Petersen, dove il celebre Achille, interpretato da Brad Pitt, definisce Patroclo suo cugino. Ogni studioso e appassionato di Omero ha avuto brividi di disapprovazione per quella scena e perciò è piacevole, finalmente, avere anche un altro punto di vista che, seppur marchi profondamente l’aspetto opposto, è in grado di inserire una tematica di questo genere, mostrando uno spicchio della realtà greca che spesso, erroneamente, si tende a cancellare.
Sicuramente definire La canzone di Achille una storia di amore, o peggio, una fanfiction è insensato, perché è indiscutibile che la Miller, studiosa e docente di antichità classica, con grande intelligenza riesca ad evocare i valori dell’epoca: tra le pagine del libro emerge il valore dell’ospitalità tanto caro ai greci, emergono l’onore e il ricordo che, come era convinzione, si credeva fossero gli unici modi per mantenersi in vita; emergono anche l’ira furiosa di Achille, l’arroganza di Agamennone, i capricci degli dei e la guerra, che viene descritta accuratamente, morto dopo morto, giorno dopo giorno. La componente amorosa è sicuramente il filo conduttore che tiene il lettore incollato alle pagine, riuscendo a far innamorare di miti ed epica la generazione Z, attraverso la condivisione delle foto delle pagine del libro su social come Instagram e TikTok, e facendo riflettere ogni insegnante che non ha parlato della relazione tra i due uomini. La Miller, con la sua penna, è riuscita a conquistare adulti e ragazzi di ogni età, riuscendo nell’impresa di ridare vigore ad un amore, fino ad adesso, fin troppo sottovalutato.